Invito alla comunità: salire a Camaldoli dal 17 al 23 agosto

L’INVITO

Anche questo anno la Parrocchia invita ad un percorso di condivisione della spiritualità monastica dell’Eremo di Camaldoli nella preghiera (soprattutto attraverso la Liturgia delle Ore ed il canto dei Salmi) e di incontro e di meditazione della parola di Dio.

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UN SILENZIO ABITATO DA DIO

A CAMALDOLI si coglie la percezione di essere in comunione con l’universo.  L’ospitalità, nel respiro dell’unica famiglia che s’allarga ogni qualvolta s’aggiunge un fratello, è testimonianza di molta umanità, incontro e relazione con Dio stesso.

L’accoglienza e la condivisione, in un mondo in cui serpeggia il rifiuto, qui assumono una veste di sacralità, il sapore della comunione, dello sguardo verso l’altro visto come specchio di Dio.

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IL RUOLO DEL MONASTERO

 I monasteri hanno nel mondo una funzione molto preziosa, anzi indispensabile. Se nel medioevo essi sono stati centri di bonifica dei territori paludosi, oggi servono a “bonificare” l’ambiente in un altro senso: a volte, infatti, il clima che si respira nelle nostre società non è salubre, è inquinato da una mentalità che non è cristiana, e nemmeno umana, perché dominata dagli interessi economici, preoccupata soltanto delle cose terrene e carente di una dimensione spirituale. In questo clima non solo si emargina Dio, ma anche il prossimo, e non ci si impegna per il bene comune. Il monastero invece è modello di una società che pone al centro Dio e la relazione fraterna.

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CAMALDOLI FARO DI SPIRITUALITA’, CULTURA E  OSPITALITA’ DA MILLE ANNI

Camaldoli è una comunità monastica benedettina formata dall’eremo (1100 metri di altezza) e dal monastero (818), distanti tre chilometri uno dall’altro, immersi in una millenaria foresta dell’Appennino tosco-romagnolo, oggi Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, insieme al vicino santuario francescano della Verna. L’identità e la storia di Camaldoli sono contenute ed esaltate da questo scenario di straordinaria bellezza e spiritualità, che infonde quiete e dilata lo spirito. E’ anche quello che aveva capito fin dall’inizio il fondatore, San Romualdo, che nel 1012 (data tradizionale) giunto fra il Pratomagno e il monte Falterona, fondò un eremo in una radura detta Campo di Maldolo (Campus Maldoli), da cui il nome Camaldoli.

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 Camaldoli coniuga così la dimensione comunitaria e quella solitaria della vita del monaco, espresse rispettivamente nell’eremo e nel monastero che formano una sola comunità, aggiungendovi la tradizione irlandese dei monaci pellegrini o evangelizzatori itineranti, fondatori di varie comunità. Per naturale vocazione, Camaldoli ha svolto per un millennio la funzione di ponte fra le tradizioni monastiche di oriente e di occidente. Con il Concilio Vaticano II è tornato a essere luogo d’incontro privilegiato del dialogo ecumenico e interreligioso. Dialogo con l’ebraismo e con l’islam, con l’induismo e il buddismo, con uomini e donne formalmente non appartenenti a religioni specifiche, ma in sincera ricerca interiore.

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 Che in questi mille anni Camaldoli sia stato un faro di spiritualità e cultura lo dimostra anche la continua attenzione dei monaci dalla cella al mondo: la cultura ha spaziato dalle accademie del ‘400 di Lorenzo il Magnifico ai convegni di studi teologici per laici dal 1934 in poi, condotti da mons. Giovan Battista Montini, poi Paolo VI.

L’EREMO OGGI

 Oggi l’eremo di Camaldoli è uno dei due polmoni con cui respira la comunità monastica ivi presente: a poca distanza l’uno dall’altro sorgono infatti il monastero e l’eremo, i cui monaci appartengono alla stessa comunità, vivono la stessa regola, ma seguono stili di vita in parte diversi, dando maggior spazio alla vita comunitaria presso il monastero e privilegiando il raccoglimento personale presso l’eremo.

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L’eremo, interamente cinto da un muro di sasso, si affaccia sulla strada con un portone, attraverso il quale si accede al cortile interno. Dal cortile si possono visitare: la foresteria, dove vengono accolti ospiti e pellegrini; la chiesa, con il coro monastico; l’antica cella di San Romualdo, oggi inglobata nell’edificio della biblioteca, che mantiene al suo interno la struttura tipica della cella eremitica: un corridoio che si snoda su tre lati, custodendo al suo interno gli spazi di vita del monaco, la stanza da letto, lo studio, la cappella. Questa struttura “a chiocciola”, oltre ad offrire riparo dalle rigide temperature invernali, simboleggia il percorso interiore del monaco che cerca di entrare in se stesso; la sala dell’antico refettorio o capitolo.

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Una cancellata separa il cortile dalla zona più interna riservata esclusivamente ai monaci che vivono in piccole celle separate.

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