1° maggio festa di San Giuseppe lavoratore

Ogni primo giorno di maggio, si ricorda la figura di San Giuseppe Artigiano, patrono della categoria.

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Gesù Cristo ha vissuto a Nazareth per trent’anni e ha lavorato nella bottega di Giuseppe, un umile falegname, imparando proprio da Lui il mestiere di “artigiano del legno”.

San Giuseppe lavoratore, che, falegname di Nazareth, provvide con il suo lavoro alle necessità di Maria e Gesù e iniziò il Figlio di Dio al lavoro tra gli uomini.

Perciò, nel giorno in cui in molte parti della terra si celebra la festa del lavoro, i lavoratori cristiani lo venerano come esempio e patrono.

Questo fatto onora la professione dell’artigiano e pone in evidenza quanto significativa e importante essa sia, visto che lo stesso figlio di Dio ha voluto provare ad operare come un vero artigiano!

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 Nel Vangelo Gesù è chiamato ‘il figlio del carpentiere’. In modo eminente in questa memoria di san Giuseppe si riconosce la dignità del lavoro umano, come dovere e perfezionamento dell’uomo, esercizio benefico del suo dominio sul creato, servizio della comunità, prolungamento dell’opera del Creatore, contributo al piano della salvezza (cfr Conc. Vat. II, ‘Gaudium et spes”, 34). Pio XII (1955) istituì questa memoria liturgica nel contesto della festa dei lavoratori, universalmente celebrata il 1° maggio. (Mess. Rom.)

Anche se oggi i problemi del lavoro e le modalità del “fare impresa” sono certamente cambiati, restano tuttavia alcuni valori di fondo che devono costituire il punto di forza, di riferimento costante da non disattendere e uno stimolo forte per le future generazioni.

Alcuni passaggi maggiormente significativi del  messaggio dei vescovi Messaggio per la giornata del 1° maggio 2014

“Nella precarietà, la speranza”

La giornata del primo maggio, quest’anno, capita nella vicinanza della Pasqua, appena celebrata. Si tinge perciò di speranza, questo nostro messaggio, già alla luce di quell’evento di grazia. Resta però una giornata di lotta, non contro, ma pro, tutti insieme, sempre necessaria, per la tragedia crescente di questa crisi. È quel lottare per il lavoro, che ci ha indicato papa Francesco nella sua visita in autunno in Sardegna: Signore Gesù, a te non mancò il lavoro, dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro e  benedici tutti noi!

Per tutti. Nessuno, oggi, in questo momento, può tirarsi indietro. Nessuno può scaricare la croce sulle spalle dell’altro, ma come Cirenei della speranza, chiediamo a tutti, come Vescovi della pastorale sociale, una particolare empatia, davanti ai tantissimi drammi sociali. Empatia è allora il condividere, lo star vicino, nella capacità di aiutarci tra di noi, per dimenticare un po’ l’egoismo e sentire nel cuore il “Noi”, come popolo che vuole andare avanti. Sono sempre le parole di papa Francesco che ci danno il tono, il coraggio, la forza in questa delicata situazione storica che viviamo.

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 Ci stiamo preparando come Chiesa italiana al grande Convegno di metà decennio a Firenze, attorno alla figura di Cristo che dà senso e significato al nuovo umanesimo. Ma ci rendiamo sempre più conto che senza lavoro nessun giovane e nessun padre di famiglia ha dignità né sicurezza. Senza il lavoro, non c’è umanesimo. È un costruire sulla sabbia la nostra civiltà. Perché non rispetta la persona. Vittime come siamo di un’economia che ci vuole rubare la speranza, per i sistemi ingiusti che crea, perché spesso il denaro governa invece di servire! È una sudditanza agli idoli. Quegli idoli che abbiamo rifiutato solennemente di servire nella notte santa della Veglia pasquale. Rifiutando satana e abbracciando invece Cristo, ci siamo impegnati a dire di no alla nuova idolatria del denaro che esclude e non include.

 La riflessione acutissima della Evangelii gaudium  al numero 53 così descrive l’attuale situazione di aperta ingiustizia, diffusiva. Va ben oltre le tradizionali analisi di natura marxista, che spesso in passato venivano utilizzate. Infatti non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati”, ma rifiutati, “avanzi!”.

Crediamo che il rileggere queste pagine, così tremendamente attuali, nell’ambito di questa consueta giornata per il lavoroche il primo maggio sempre evoca con commozione nel nostro cuore di cristiani e cittadini, ci faccia molto bene. Ci sentiamo interpretati, capiti, aiutati da questo concretissimo Magistero papale. Lottiamo con più forza per il lavoro, imparando a conoscere i meccanismi di esclusione che vengono attuati, spesso con spietata durezza.

Scarica:

– il messaggio dei Vescovi

Messaggio1Maggio2014

– il messaggio dell’ ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro

MessaggioUNPSL-1maggio2014

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