“Periferie, cuore della missione”
Questo il tema scelto per la giornata di sensibilizzazione e raccolta di offerta in tutto il mondo per le missioni che si celebrerà domenica 19 ottobre. Nella nostra zona pastorale sarà anticipata dalla veglia missionaria che si terrà venerdì 17 ottobre alle ore 21,00 nella Chiesa Parrocchiale di Vailate.
Il tema: cos’è la periferia?
“Periferie, cuore della missione” – Sono parole tratte dal vocabolario di papa Francesco, e grazie a lui sono diventate ormai parte del nostro quotidiano. Le sentiamo raccontare dalle persone più diverse, dalla stampa e vengono ribadite spesso, quasi come un vangelo. C’è però da fare attenzione: siamo chiamati a non svuotarle, ma a dare un contenuto, di non prenderle perché scivolano via bene nei nostri discorsi, ma coniugarle nel concreto, nel vissuto.
Al centro della missione c’è la periferia. Periferia vuol dire contorno, circonferenza, letteralmente “portare intorno”. Cuore dice invece ciò che vibra al centro di noi stessi o di una realtà. Chi pone il suo cuore nella periferia in qualche modo si decentra.
Cosa vuol dire “Chiesa in uscita”
Andare/uscire verso la periferia non è semplicemente lo slancio di un cuore buono verso chi sta ai margini, è più radicalmente un cammino di purificazione, di ciò che consideriamo centrale nella nostra vita; è un esodo. Uscire verso le periferie, però, non significa rinunciare ad avere un centro, bensì (ri)trovare finalmente il proprio cuore nel cuore di Dio.
Il primo passo da compiere è cercare di essere“una Chiesa in uscita” (cf. Evangelii gaudium20-24), in modo da lasciare Cristo al centro e da annunciare il Vangelo a tutti, in tutte le situazioni, senza repulsioni e senza paure. Troppo spesso negli ultimi decenni abbiamo dato l’immagine di una Chiesa che, come la Chiesa nei giorni successivi alla morte e resurrezione di Gesù, appare una comunità che ha paura del mondo, e perciò è rinchiusa (cf. Gv 20,19), tesa a conservare la memoria piuttosto che a sentirla come una buona notizia, unico vero debito che abbiamo verso i non cristiani.
Quando la Chiesa diventa chiusa. Pensate ad una stanza chiusa per un anno; quando tu vai, c’è odore di umidità, ci sono tante cose che non vanno. Una Chiesa chiusa è la stessa cosa: è una Chiesa ammalata. La Chiesa deve uscire da se stessa. Dove? Verso le periferie esistenziali, qualsiasi esse siano, ma uscire. Gesù ci dice: “Andate per tutto il mondo! Andate! Predicate! Date testimonianza del Vangelo!” (cfr Mc 16,15). Ma che cosa succede se uno esce da se stesso? Può succedere quello che può capitare a tutti quelli che escono di casa e vanno per la strada: un incidente. Anche in questo papa Francesco ci esorta “ Ma io vi dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, incorsa in un incidente, che una Chiesa ammalata per chiusura!”
Uscite fuori, uscite!
Uscire per andare dove?
Le periferie esistenziali sono i luoghi in cui “c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni” (messa crismale); sono i luoghi abitati “da tutti coloro che sono segnati da povertà fisica e intellettuale” (convegno di Roma); sono i luoghi dove sta “chi sembra più lontano, più indifferente” (Omelia nella giornata mondiale della gioventù, Rio de Janeiro, 28 luglio 2013), dove “Dio non c’è” (Visita pastorale ad Assisi, Incontro con il clero e i religiosi, 4 ottobre 2013); sono “le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (Esortazione apostolica Evangelii gaudium20).
Il “primo Missionario della storia”, Gesù, ci ha raggiunto nella periferia estrema della vita, la morte, e da lì, ha portato la sua Luce, la Salvezza per tutti. Dunque in tutte quelle periferie esistenziali e geografiche “dove maggiormente mancano la luce e la vita del Risorto”: Non c’è periferia che non possa essere raggiunta dall’Amore di Cristo, dall’effetto dirompente della Redenzione operata dal suo Sacrificio. Uscire e andare, dunque, è seguire il suo esempio; la nostra missione è partecipazione alla Sua. E’ l’impegno di chi si dice discepolo. E ogni discepolo è per ciò stesso missionario.
La prossimità è essenziale all’evangelizzazione e quindi alla carità. Occorre decidere di farsi prossimo, di incontrare l’altro, superando precomprensioni, pregiudizi, fatiche e diffidenze. L’altro è sempre un fratello e – possiamo aggiungere nella fede –“un fratello per il quale Cristo è morto” (1Cor 8,11).
Il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale
La globalizzazione sta ridefinendo i parametri della missione e questi cambiamenti sono stati evidenziati da Papa Francesco ed egregiamente sintetizzati nel messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale con queste parole: “Nella nostra epoca, la mobilità diffusa e la facilità di comunicazione attraverso i nuovi media hanno mescolato tra loro i popoli, le conoscenze, le esperienze. Per motivi di lavoro intere famiglie si spostano da un continente all’altro; gli scambi professionali e culturali, poi, il turismo e fenomeni analoghi spingono ad un ampio movimento di persone. A volte risulta difficile persino per le comunità parrocchiali conoscere in modo sicuro e approfondito chi è di passaggio o chi vive stabilmente sul territorio. Inoltre, in aree sempre più ampie delle regioni tradizionalmente cristiane cresce il numero di coloro che sono estranei alla fede, indifferenti alla dimensione religiosa o animati da altre credenze. Non di rado poi, alcuni battezzati fanno scelte di vita che li conducono lontano dalla fede, rendendoli così bisognosi di una nuova evangelizzazione. A tutto ciò si aggiunge il fatto che ancora un’ampia parte dell’umanità non è stata raggiunta dalla buona notizia di Gesù Cristo…”.
Le periferie sono un luogo lontano?
La distanza allora non è più l’unico ed assoluto criterio per definire le “periferie”, se per distanza si intende spazio e tempo. Preminenti oggi, nei nostri contesti, sono invece le “distanze sociali”, che rappresentano luoghi dove si deve guardare per ridare speranza alle molte solitudini e diversi volti delle nuove povertà.
Per Papa Francesco c’è un luogo particolare dove le “distanze sociali” si manifestano in modo drammatico, un crocevia di culture e disagi, un confine antropologico di sofferenze e solitudini che la Chiesa deve abitare, e sono le periferie esistenziali. Numerose sono state le occasioni in cui ha annunciato “una Chiesa povera per i poveri” che deve uscire per andare alla ricerca delle “periferie”.
Cosa vuol dire “una chiesa povera”?
Non solo una Chiesa che ha a cuore i poveri, che fa il bene per loro, ma si fa povera a immagine del Signore, il quale “da ricco che era si è fatto povero per noi”, per essere solidale in tutto con gli uomini. “Perché la realtà si capisce meglio non dal centro, ma dalle periferie”.
Per questo dobbiamo mettere innanzitutto in rilievo il tema della povertà: una chiesa può essere per i poveri e agire per i poveri solo se è lei stessa povera; e il cristiano, il discepolo, quale soggetto che si indirizza ai poveri, deve lui pure essere povero. Per la Chiesa è necessario, prima ancora dell’azione di promozione sociale ed umana in cui è impegnata, assumere la povertà come stile. È una sfida enorme entra la quale risuonano le parole profetiche contenute nel testo conciliare della Lumen gentium:
“Come Cristo ha compiuto la sua opera di redenzione nella povertà e nella persecuzione, così anche la chiesa è chiamata a prendere la stessa via … Gesù Cristo … per noi “da ricco che era si fece povero” (2Cor 8,9): così anche la chiesa, benché per eseguire la sua missione abbia bisogno di risorse umane, non deve cercare la gloria terrena, ma con il suo esempio deve diffondere umiltà e abnegazione (Lumen gentium8).