L’ARTISTA
Andrea Mantegna
Andrea Mantegna, uno dei principali artisti rinascimentali attivi nel nord Italia. nacque a Isola di Carturo (dal 1963 Isola Mantegna) verso la fine del 1430, inizi del 1431.
Ancora bambino viene accolto, a Padova, da Francesco Squarcione nella cui bottega Andrea Mantegna acquisisce una profonda conoscenza dell’arte antica, cosa che concorre alla sua formazione. A Padova la Cappella degli Scovegni già custodiva opere di Giotto ed in quel tempo, dipingevano pittori come Paolo Uccello e Filippo Lippi, mentre famose fonderie lavoravano per Donatello.
In quel clima il genio di Mantegna trovò l’ambiente adatto per sviluppare ed esprimere la sua creatività e la sua carica innovativa.
Successivamente giunge a Ferrara dove è influenzato dall’arte fiamminga, entra in stretto contatto con la famiglia Bellini e nel 1451 si sposa con Nicolosia Bellini. Nello stesso anno dipinge l’orazione nell’orto, il polittico di San Luca e la Santa Eufenia. Dal 1457 al 1459 dipinge il polittico di San Zeno e il San Sebastiano avente riferimenti classici e archeologici ma con paesaggi naturalistici. PALA DI SAN ZENO
Nel 1471 si stabilì definitivamente a Mantova come pittore della corte dei Gonzaga ponendo mano agli affreschi per la “Camera degli sposi”, nel castello di Mantova, raffiguranti l’Arrivo di un messaggio alla famiglia Gonzaga e l’Incontro del marchese Ludovico col figlio Francesco. All’apice della volta si apre il famoso oculo circolare dove da una balconata si affacciano figure umane e animali. Il tutto finisce in una prospettiva in fuga verso il cielo infinito. Qui si può notare un’illusione ottica perfetta che sarà adottata da artisti di generazioni successive.
Verso il 1475 dobbiamo porre anche l’attività incisoria di Mantegna, anche in questo periodo l’elemento chiaroscurale assume spesso la prevalenza, come nel ciclo dei Trionfi di Cesare (1490 circa, Londra, Hampton Court), nella Madonna della Vittoria (1495-96) al Louvre, nella pala di S. Maria in Organo al Castello Sforzesco di Milano (1497), nel Parnaso (1497) e nel Trionfo della Virtù (1502, per lo Studio di Isabella d’Este) al Louvre, nello scorcio ardito del Cristo morto (1478-80, Brera).
Alla fine del quattrocento, dopo essere stato per due anni alla corte papale, torna a Mantova e dipinge, su commissione di Francesco Gonzaga, la Madonna della vittoria, con cui si celebra la battaglia di Fornovo. Inoltre, realizza due tele di carattere mitologico, in questo caso richieste da Isabella d’Este, il “Parnaso” e “Minerva che caccia i vizi”. Il suo ultimo lavoro, incompiuto, è la “Favola del dio Como”.
Andrea Mantegna muore a Mantova il 13 settembre 1506, all’età di 75 anni, senza riuscire a concludere l’opera.
L’OPERA
CRISTO MORTO E TRE DOLENTI
1475-78
Milano, Pinacoteca di Brera
Il Cristo morto (noto anche come Lamento sul Cristo morto o Cristo morto e tre dolenti) è uno dei più celebri dipinti di Andrea Mantegna, tempera su tela (68×81 cm), databile con incertezza tra il 1475-1478 circa e conservato nella Pinacoteca di Brera a Milano. L’opera fu dipinta da Andrea Mantegna probabilmente per la sua tomba nella Chiesa di Sant’Andrea a Mantova.
Mantegna ci disorienta mostrandoci né più né meno che la morte, e tutto il brutto della morte. A un pubblico abituato a contemplare Gesù agonizzante con tratti ancora eroici e di nobile bellezza, come se gli artisti avessero sempre voluto dirci che non è della morte di un uomo qualsiasi che si tratta, Mantegna ci mostra qualcosa di molto simile al tavolo di un obitorio dov’è adagiato un corpo pallidissimo dalla testa, troppo grande, abbandonata su un lato. La cassa toracica segnata dalle lacerazioni sembra stranamente gonfia, le ferite su mani e piedi sono aperte e asciutte, la muscolatura possente non ha nulla di ascetico mentre in primo piano l’artista ci mostra i piedi.
La sensazione del peso, del “corpo morto” sembra voler togliere al soggetto ogni aura di santità, ogni possibilità di resurrezione sembra in questo momento non contemplata, il figlio di Dio è morto e in quanto tale lo piangono Maria , Giovanni ( il discepolo favorito ) e Maria Maddalena (con questa s’identifica la terza presenza umana , la più lontana, appena percepibile). Sono vicini al cadavere, vicinissimi, quasi schiacciati contro quel corpo, hanno la bocca aperta in una smorfia che mescola orrore e dolore un clima di sofferenza che Mantegna accentua usando una gamma limitata di colori: i rosa, i grigi, gli azzurri polvere. Un dipinto crudo e rivoluzionario, insolito ancora oggi.
Da notare:
Il punto di vista della scena rappresentata, che costituisce un unicum assoluto nel panorama artistico del rinascimento italiano, è quello da un piano lievemente rialzato che consente di percepire l’interezza del corpo di Gesù Cristo. Il gioco visivo, che permette di spostarsi intorno al dipinto avendo la percezione che la prospettiva non cambi, è un virtuosismo riconducibile ad una pratica sviluppata da Andrea Mantegna già nelle sue prime opere.
Il Compianto è un’opera fortemente sperimentale sia dal punto di vista tecnico poiché è una delle rare opere su tela di questo periodo, sia compositivo perché è impostata su un ripido, invadente ed ossessivo scorcio prospettico. Il forte contrasto di luce, proveniente da destra, e ombra origina un profondo senso di pathos. Ogni dettaglio è amplificato dal tratto incisivo delle linee, costringendo lo sguardo a soffermarsi sui particolari più raccapriccianti, come le membra irrigidite dal rigor mortis e le ferite ostentatamente presentate in primo piano.
I fori nelle mani e nei piedi, così come i volti dei dolenti sono solcati dal dolore e dipinti senza nessuna concessione di idealismo o retorica.
Il ritratto con la prospettiva di scorcio, secondo alcuni studiosi, che suscita la sensazione del collo e della testa staccati dal resto del corpo, simboleggerebbe il valore redentivo che la fede cristiana attribuisce al Sabato Santo, al Santo Sepolcro e alle Quarantore: nell’arco di questo periodo temporale, Gesù Cristo è morto come uomo e vivo in quanto Dio.
Parrocchia di San Pio X in Cinisello Balsamo – MI
Omelia di don Danilo Dorini per un funerale
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Mantegna Compianto sul Cristo morto
VIDEO Il Cristo Morto del Mantegna di Renato Meneghetti
Biennale di Venezia 4 Giugno – 27 Novembre 2011
una complessa trasmutazione radiografica del Compianto sul Cristo morto di Andrea Mantegna (Brera) che occupa al completo la nuda grandiosità di una delle antiche tese dell’Arsenale Novissimo, opera di un intrapendente artista eclettico come Renato Meneghetti, che qui ha realizzato il capolavoro non soltanto suo, ma anche della Biennale