La Pentecoste nella letteratura: Alessandro Manzoni “La Pentecoste” dagli “Inni sacri”
Nella letteratura il testo maggiormente rappresentativo riguardante la Pentecoste è quello scritto da Alessandro Manzoni. La Pentecoste è l’ultimo degli Inni Sacri che Manzoni compone nel 1822, dopo essere stato iniziato nel ’17. La Pentecoste celebra la discesa miracolosa sugli apostoli dello Spirito Santo dopo 50 giorni dalla resurrezione di Cristo. Il miracolo assume un particolare significato per Manzoni, in quanto è un miracolo che ha a che fare con la comunicazione umana, e con le relazioni interpersonali tra gli uomini. La discesa dello Spirito Santo istituisce la Chiesa, cioè la comunità dei fedeli, che vengono messi in grado di comprendere la predicazione apostolica, il messaggio evangelico e di comunicare tra di loro senza problemi. Manzoni vuole fare parte di questa comunità, perchè solo nella collettività dei fedeli si può trovare una vera armonia e una vera realizzazione dell’individuo, che, in questo modo, può opporsi alla frammentazione della storia. L’inizio dell’inno è drammatico: viene ricordata la situazione della Chiesa dopo la morte di Cristo. La piccola comunità cristiana è costretta a vivere nascosta e non ha il coraggio di presentarsi agli altri, senza possibilità e capacità di comunicare. La prima parte dell’inno, quindi, si concentra sulla situazione di sbandamento della Chiesa delle origini. Introduce la seconda parte una similitudine particolarmente significativa: come la luce piovendo dà colore alle cose, così gli apostoli possono predicare il Vangelo a tutti, indipendentemente dalla lingua parlata. Manzoni sa che il colore non tocca agli oggetti, ma è un effetto ottico, come a dire che la possibilità di instaurare una comunicazione profonda degli insegnamenti cristiani sia un atto d’amore dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo si qualifica come una forza che elimina la separazione tra umano e divino. La sua discesa, per Manzoni, comporta un rinnovamento profondo della società, che si esprime in una dimensione di reale ed effettive uguaglianza, attraverso l’amore di Dio. Questo rinnovamento viene sottolineato dall’uso ripetuto dell’aggettivo “novo” a partire dai versetti 73-76: “Nova franchigia annunziano | i cieli, e genti nove: | nove conquiste, e gloria | vinta in più belle prove”.
L’inno Pentecoste per essere compreso a fondo va confrontato con un altro testo del 1821, il Cinque Maggio. In questo componimento l’autore aveva tematizzato il massimo della grandezza umana e il suo fallimento: Napoleone nella sua grandezza e potere, aveva fallito. La morte comporta il fallimento di ogni dimensione umana, se non rapportata alla dimensione dell’eterno. La Pentecoste quindi evidenzia la falsità dell’ideale eroico, rimuovendolo. La “gloria vinta in più belle prove” sono le vittorie nate dalla lotta per il trionfo del messaggio cristiano, le vittorie spirituali con cui si vince l’errata struttura del mondo. Il movimento è un altro aspetto che avvicina la Pentecoste al Cinque Maggio. Tutto l’inno è caratterizzato dalla presenza di un duplice movimento: verticale, che collega piano divino e piano della storia, e orizzontale, la Chiesa militante che combatte e riesce a unificare in sè tutti gli uomini. Nel “Cinque Maggio” è significativo che il movimento sia solo orizzontale: l’azione di Napoleone finisce nel fallimento, privo di qualsiasi significato umano legato alla sua antica dimensione eroica. La Pentecoste sancisce che il vero eroismo è quello del quotidiano, delle imprese della Chiesa, che è la comunità delle persone. La conclusione dell’inno presenta una preghiera allo Spirito Santo.
LA PENTECOSTE
Madre de’ Santi, immagine
Della città superna;
Del Sangue incorruttibile
Conservatrice eterna;
Tu che, da tanti secoli,
Soffri, combatti e preghi,
Che le tue tende spieghi
Dall’uno all’altro mar;
Campo di quei che sperano;
Chiesa del Dio vivente;
Dov’eri mai? qual angolo
Ti raccogliea nascente,
Quando il tuo Re, dai perfidi
Tratto a morir sul colle
Imporporò le zolle
Del suo sublime altar?
E allor che dalle tenebre
La diva spoglia uscita,
Mise il potente anelito
Della seconda vita;
E quando, in man recandosi
Il prezzo del perdono,
Da questa polve al trono
Del Genitor salì;
Compagna del suo gemito,
Conscia de’ suoi misteri,
Tu, della sua vittoria
Figlia immortal, dov’eri?
In tuo terror sol vigile.
Sol nell’obblio secura,
Stavi in riposte mura
Fino a quel sacro dì,
Quando su te lo Spirito
Rinnovator discese,
E l’inconsunta fiaccola
Nella tua destra accese
Quando, segnal de’ popoli,
Ti collocò sul monte,
E ne’ tuoi labbri il fonte
Della parola aprì.
Come la luce rapida
Piove di cosa in cosa,
E i color vari suscita
Dovunque si riposa;
Tal risonò moltiplice
La voce dello Spiro:
L’Arabo, il Parto, il Siro
In suo sermon l’udì.
Adorator degl’idoli,
Sparso per ogni lido,
Volgi lo sguardo a Solima,
Odi quel santo grido:
Stanca del vile ossequio,
La terra a lui ritorni:
E voi che aprite i giorni
Di più felice età,
Spose che desta il subito
Balzar del pondo ascoso;
Voi già vicine a sciogliere
Il grembo doloroso;
Alla bugiarda pronuba
Non sollevate il canto:
Cresce serbato al Santo
Quel che nel sen vi sta.
Perché, baciando i pargoli,
La schiava ancor sospira?
E il sen che nutre i liberi
Invidiando mira?
Non sa che al regno i miseri
Seco il Signor solleva?
Che a tutti i figli d’Eva
Nel suo dolor pensò?
Nova franchigia annunziano
I cieli, e genti nove;
Nove conquiste, e gloria
Vinta in più belle prove;
Nova, ai terrori immobile
E alle lusinghe infide.
Pace, che il mondo irride,
Ma che rapir non può.
O Spirto! supplichevoli
A’ tuoi solenni altari;
Soli per selve inospite;
Vaghi in deserti mari;
Dall’Ande algenti al Libano,
D’Erina all’irta Haiti,
Sparsi per tutti i liti,
Uni per Te di cor,
Noi T’imploriam! Placabile
Spirto discendi ancora,
A’ tuoi cultor propizio,
Propizio a chi T’ignora;
Scendi e ricrea; rianima
I cor nel dubbio estinti;
E sia divina ai vinti
Mercede il vincitor.
Discendi Amor; negli animi
L’ire superbe attuta:
Dona i pensier che il memore
Ultimo dì non muta:
I doni tuoi benefica
Nutra la tua virtude;
Siccome il sol che schiude
Dal pigro germe il fior;
Che lento poi sull’umili
Erbe morrà non colto,
Né sorgerà coi fulgidi
Color del lembo sciolto
Se fuso a lui nell’etere
Non tornerà quel mite
Lume, dator di vite,
E infaticato altor.
Noi T’imploriam! Ne’ languidi
Pensier dell’infelice
Scendi piacevol alito,
Aura consolatrice:
Scendi bufera ai tumidi
Pensier del violento;
Vi spira uno sgomento
Che insegni la pietà.
Per Te sollevi il povero
Al ciel, ch’è suo, le ciglia,
Volga i lamenti in giubilo,
Pensando a cui somiglia:
Cui fu donato in copia,
Doni con volto amico,
Con quel tacer pudico,
Che accetto il don ti fa.
Spira de’ nostri bamboli
Nell’ineffabil riso,
Spargi la casta porpora
Alle donzelle in viso;
Manda alle ascose vergini
Le pure gioie ascose;
Consacra delle spose
Il verecondo amor.
Tempra de’ baldi giovani
Il confidente ingegno;
Reggi il viril proposito
Ad infallibil segno;
Adorna la canizie
Di liete voglie sante;
Brilla nel guardo errante
Di chi sperando muor.
GIOVANNI de NAVA legge: La Pentecoste di Alessandro Manzoni
La Pentecoste nella pittura: Beato Angelico ( Museo S. Marco, Firenze e Galleria Corsini, Roma)
Il tema della Pentecoste, ha una vasta iconografia, particolarmente nell’arte medioevale, che fissò l’uso di raffigurare lo Spirito Santo che discende sulla Vergine e sugli apostoli nel Cenacolo, sotto la forma simbolica di lingue di fuoco e non di colomba.
Lo schema compositivo richiama spesso quello dell’Ultima Cena, trovandosi nello stesso luogo, cioè il Cenacolo, e lo stesso gruppo di persone: Gesù è sostituito da Maria e il posto lasciato vuoto da Giuda viene occupato da Mattia.
Viene così a comunicarsi il valore dell’unità dell’aggregazione e successione apostolica, oltre che la sua disposizione a raggiungere i confini del mondo.
La rappresentazione della Pentecose si è sempre prestata a molte interpretazioni artistiche e pittoriche, ma una di quelle più rigorose, per i suoi significati teologici, resta quella di Guido di Pietro, al secolo, fra’ Giovanni ordinato frate domenicano, ed infine più noto come il Beato Angelico. L’Angelico, artista di altissima qualità sul piano dei contenuti religiosi, ma altrettanto straordinario, per quello che riguarda la resa pittorica, ci propone due versioni della Pentecoste, analoghe negli intenti dimostrativi e teologici, ma diverse sul piano delle soluzioni: una è la Pentecoste raffigurata in uno degli sportelli dell’armadio degli argenti della SS.Annunziata di Firenze, ora al Museo di San Marco, sempre di Firenze, e l’altra facente parte del trittico dell’Ascensione, Pentecoste e Giudizio universale, della Galleria Corsini di Roma. Quest’ultima, forse più completa sul piano della iconografia, sarà analizzata insieme all’altra, più semplice e piana nelle soluzioni.
In entrambe, la posizione della Madre di Gesù all’interno del Cenacolo è ieratica, frontale, solenne.
La porta,chiusa, è al piano inferiore e corrisponde con la figura di Maria, in piedi in alto, nella “camera alta”, con le mani giunte, circondata dagli apostoli, in preghiera. Essa ci fa capire molte verità sul piano teologico: che lei sia la Porta, “misterium salutis”, dischiuso anche ai gentili, porta del cielo…Si chiedeva, a questo proposito, Bonaventura da Bagnoregio: “…ma come è possibile ciò, dal momento che il Signore ha detto “Io sono la porta”?Non vi è comunque contraddizione, dal momento che ogni ingresso è munito di porta, come si dice chiaramente a proposito del tempio, alla cui navata si accedeva attraverso un portale munito di battenti che si aprivano insieme….e’ essa quindi la porta Bella e luminosa del vero Tempio (At 3,10) che guarda verso Oriente, la porta spalancata che invita i passanti ad entrare….” (Bonaventura da Bagnoregio, Sull’Assunzione di Maria – sermone sesto).
Questo inoltre fa di Lei presenza dalla forza unificante, tale da riunire e formare la Chiesa, nel senso di ecclesia, che con Lei tutti divengano uno ( disposizione arcaica, paratattica, quasi in un voluto ritorno indietro alle “teorie” ravennati delle vergini e dei martiri, nella loro isocronica scansione dal Tempo verso l’Eternità e con il mistero dell’Eternità nel Tempo); la “camera alta”, quale simbolo del Cenacolo e insieme sacramento (cioè segno) di una superiore conoscenza nell’ambito della Rivelazione; la presenza, sullo sfondo della Galleria Corsini di Roma, della Chiesa come edificio e di quest’ultima sullo sfondo di un cielo stellato, mentre la colomba dello Spirito Santo – perché la Pentecoste non si conclude al Cenacolo – ma prosegue nella Chiesa ed è lo Spirito Santo che conduce incessantemente la chiesa su questo nuovo cammino. Alla chiesa viene chiesto di far emergere l’Amore di Dio, che è da sempre, come comunicazione.
La chiesa è anche luogo in cui è possibile credere in Dio ed incontrarLo….dove l’umanità possa unirsi nell’unità.
Lo scorcio della colomba che plana rovesciata resta un dettaglio notevole, perché corrisponde al punto di fuga corrispondente alla bifora in alto, dietro alla colomba stessa.
In basso, invece, ad indicare forse l’Universalità del messaggio al mondo, la presenza di personaggi dai copricapi esotici, forse a rappresentare la chiesa d’Oriente e l’ebraismo, perché la Vergine è templum e mediatrix, come viene sottolineato a proposito della Pentecoste della Galleria Corsini, ma che è asseribile anche per la Pentecoste del Museo di San Marco. E mentre sul capo aureolato della Vergine e di 26 discepoli si posano “lingue come di fuoco”, gli uomini in primo piano, che assistono alla scena, sono coloro che, provenienti da paesi diversi, li sentono parlare “ciascuno la propria lingua” e dalle loro espressioni perplesse e stupite, sembrano proprio rappresentare coloro che commentano il fatto:”Tutto costoro che parlano, non sono forse Galilei?E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia…e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio. Tutti erano stupiti e perplessi e si chiedevano l’un l’altro:”Che significa questo?” (At 2,7-10.12)
Nel complesso, questi dipinti incentrati sulla Pentecoste vogliono proprio sottrarsi alla dimensione emotiva e finanche a quella affettiva, per lasciar emergere il mistero dell’azione dello Spirito Santo nel mondo, di quei “fiumi di grazia” che da questo momento in poi si riverseranno sulla storia dell’uomo e sull’umanità che si volge all’azione misteriosa ed insieme tangibile della Salvezza.
La pentecoste nella musica: Immi Ruah di Renato Zero
Non si contano le composizioni musicali sacre sulla Pentecoste, sul versante profano proponiamo il Brano Immi Ruah di Renato Zero tratto dall’Album “Il Dono”
Ruah è la parola con cui viene chiamato lo Spirito di Dio nella Bibbia ebraica.
Questa canzone è molto orecchiabile ed è molto facile imparare il ritornello. Mediante lo Spirito di Dio (Immi Ruah) possiamo trasformare “un mondo impossibile” in “un mondo possibile” in cui siamo tutti sotto lo stesso cielo.
IMMI RUAH di Renato Zero: Testo
Ogni strada che cercherai
Nei miei passi e dentro i miei sandali c’è
Ogni amico che incontrerai
Nei miei sogni e nelle mie lacrime c’è
E qualunque sentimento vivrai
In qualunque deserto sognerai di bere
Sempre più ti convincerai
Che nel profondo poi non sei distante da me
Ogni casa che abiterò
Nel tuo cuore e nella tua anima c’è
Ogni nome che porterò
Nel tuo tempo e dentro i tuoi simboli c’è
E qualunque fuoco tu accenderai
Con qualunque rito salverò me stesso
Giorno dopo giorno lo sai
Stiamo cercando solamente amore
Immi ruah immi ruah abbracciami
Immi ruah immi ruah raggiungimi
Immi ruah immi ruah non difenderti
Siamo tutti sotto questo cielo
Immi ruah immi ruah ascoltami
Immi ruah immi ruah pretendimi
Immi ruah immi ruah non escludermi
Siamo figli di un colore solo
In un mondo impossibile
Per noi
Fermati qui
Ogni legge che incontrerai
Nei miei occhi e nella mia origine c’è
Ogni brivido che inseguirò
Nei tuoi sensi e dentro i tuoi brividi c’è
E qualunque velo tu indosserai
Qualunque animale non potrai mangiare
Sempre più mi convincerò
Che quel che cerco non ha mai bandiere
Immi ruah immi ruah abbracciami
Immi ruah immi ruah raggiungimi
Immi ruah immi ruah non difenderti
Siamo tutti sotto questo cielo
Immi ruah immi ruah ascoltami
Immi ruah immi ruah pretendimi
Immi ruah immi ruah non escludermi
Siamo figli di un colore solo
Non cercare lontano l’amore che hai nel cuore
Siamo tutti sotto questo cielo
Immi ruah immi ruah abbracciami
Immi ruah immi ruah raggiungimi
Immi ruah immi ruah non difenderti
Siamo tutti sotto questo cielo
Immi ruah immi ruah ascoltami
Immi ruah immi ruah pretendimi
Immi ruah immi ruah non escludermi
Siamo figli di un colore solo
Immi ruah immi ruah
Immi ruah
Immi ruah immi ruah
Immi ruah
Immi ruah immi ruah
Siamo figli di un colore solo
Immi ruah immi ruah
Immi ruah
Immi ruah immi ruah
Immi ruah
Immi ruah immi ruah
Siamo tutti sotto questo cielo
In un mondo possibile