Durante l’incontro formativo e di condivisione organizzato dalla Caritas Parrocchiale Santa Marta la sera del 22 luglio scorso in preparazione appunto della festa di Santa Marta del 29 luglio, abbiamo colto l’occasione per chiarire le ragioni dell’intitolazione della nostra Caritas alla Santa che accompagna da più di cinque secoli il cammino della nostra parrocchia.
Non è stata la prossimità della Chiesa di Santa Marta alla sede Caritas l’elemento determinante nella scelta della sua intitolazione. Indubbiamente la vicinanza ha avuto un suo ruolo, ma è nell’atteggiamento della Santa di accoglienza e di prossimità che si sono individuati gli elementi su cui fare riferimento, quindi la Santa non solo come affido e protezione, ma anche e soprattutto come modello da imitare.
Ripercorrendo così le tappe del vissuto dei nostri antenati fedeli parrocchiani nell’ambito di questa chiesetta sono emersi elementi molto interessanti. Senza addentrarmi nei particolari storici dei quali se ne parla in più di un libro della storia di Mozzanica scritti da autorevoli mozzanichesi, è certo che fin dall’inizio, cioè dal 1500 la chiesa di Santa Marta ha accolto la confraternita dei Disciplini che probabilmente per loro volontà hanno dato inizio alla costruzione.
I Disciplini di Bergamo, nel Basso Medioevo erano dei laici riuniti in congregazioni e confraternite che, preoccupati per la salvezza della propria anima, si sottoponevano a una vita di preghiera e di penitenza tra le quali privilegiavano l’autoflagellazione. Con quest’ultima pratica cercavano, anche, di ripetere e provare sul proprio corpo le stesse sofferenze patite da Cristo nella sua passione.
I disciplinati, chiamati anche battuti per le loro manifestazioni penitenziali, trovarono un terreno fertile tra il popolo minuto in un periodo storico particolarmente difficile, caratterizzato dalle lotte fratricide che opponevano Guelfi e Ghibellini.
A tutto ciò si aggiungevano le ricorrenti pestilenze con il loro bagaglio di morte, intese dalla gente come manifestazioni della collera divina per le malefatte degli uomini, e lo stato endemico di miseria in cui si dibatteva la maggior parte del popolo soggetto.
In seguito a metà del 1.600 la chiesa di Santa Marta con annessa sagrestia (dove ora si trova la sede della Caritas parrocchiale) viene adibita a lazzaretto per la cura degli appestati. Quando le ripetute pestilenze si placano, la nobile Caterina Secco ottiene nel 1679 il permesso di istituire una “cappellania laicale” dove due confraternite , le figlie di Santa Marta e le figlie della Immacolata Concezione si trovano per pregare.
Con le soppressioni di fine settecento il tutto subisce un arresto ma la fiamma dello Spirito Santo rimane vivo sotto la cenere e a metà del 1.800 le attività in Santa Marta riprendono ancora con la preghiera e l’adorazione all’ Eucarestia con la confraternita maschile del S. Sacramento . Quale migliore ripartenza come fonte di carità alla quale attingere. Dopo di che la chiesa ormai diventata sussidiaria della parrocchiale non rimane chiusa a far polvere e negli anni 70 del secolo scorso vi trova ospitalità la sede dell’ A.V.I.S. sez. di Mozzanica. Altra grande e alta forma di carità donare il proprio sangue a beneficio della salute di altri fratelli. E se pensiamo come ci teniamo alla nostra non è poi così scontato donarlo.
Ora c’è la Caritas Parrocchiale Santa Marta, e riflettendo su quanto detto prima secondo noi è stata la scelta più azzeccata per titolare così questa istituzione.
Il passo evangelico di Betania sull’ospitalità delle sorelle Marta e Maria nei confronti di Gesù può dirsi la sintesi a cui deve tendere la carità cristiana. Le due sorelle, in due modi diversi accolgono lo stesso Gesù. L’una è preoccupata a pulire la casa e rendere accogliente l’ambiente che deve essere degno di ricevere Gesù. Maria invece è interessata ad accogliere la Parola stessa di Gesù nell’atteggiamento del discepolo. I due comportamenti non devono essere contrapposti, anzi possiamo unirli in un’unica esigenza. Allora, possiamo anche noi dar molta gloria a Dio negli atti concreti della vita quotidiana, intravedendo nel nostro fratello bisognoso il volto di Cristo, ma questi atti vanno realizzati con la sempre vigile attenzione alla Sua Parola.
Il dialogo con Lui , con la preghiera, soprattutto quella di intercessione esprime la volontà di accedere a Gesù Cristo come Lui accede al Padre, perché ti sta a cuore il bene dell’altro, e questa è carità. ( card. Carlo Maria Martini in “ Qualcosa di così personale” , Meditazioni sulla preghiera)
Allora per concludere, il susseguirsi in passato di confraternite di preghiera e di pratiche di carità ci rende eredi di un lungo percorso di fede tracciato dai nostri avi che se anche inghiottiti dal tempo hanno intriso di bene le mura di questa piccola chiesetta dove si cerca di imitare le qualità di Marta e di Maria con i limiti e i difetti dell’essere umano.
Raccogliamo i frutti della loro semina per continuare fiduciosi a seminare.