Testimoniamo che qualcuno da seguire, noi lo abbiamo. E questo è il Signore

Open Bible with red rosary beads draped on pages, symbolizing faith and devotion.

Pubblichiamo audio e trascrizione dell’omelia della Messa di chiusura della Festa dell’Oratorio, celebrata da don Davide Barili il 7 settembre 2025

Volevo dirvi una cosa di questo oratorio, poi qualche cosa di dove sono stato in tutti questi anni e poi agganciarmi alla fine al Vangelo che abbiamo ascoltato.

Ecco, di questo oratorio e bisogna ricordare il nome di don Piero. Erano quegli quegli anni lì e si presentava l’occasione di questa permuta con la cascina, per cui non sembrava vero di potersi mettere un po’ in più grande, ecco, rispetto a quel cortile, a quel cortile là.

Ricordo gli anni in cui, appena arrivato, ho messo i pali della pallavolo e mi fu detto che a “Musanega sa gioca balù” più o meno, no? Ecco, poi in realtà non era vero. Insomma, si è imparato anche questo nuovo sport, solo che agli inizi la rete veniva messa in strada. C’eravamo attaccati al pluviale e la rete aveva strappato il pluviale, ero andato a nascondermi, le scene erano queste qui.

Quando pian pianino si è concretizzato questo oratorio, io ero già via. Quando è stata messa la prima pietra, però nell’immaginario c’era “adesso si fa un oratorio nuovo, c’è tutto lo spazio che vogliamo, possiamo costruircelo e come lo abbiamo in testa e finalmente ci sistemeremo come Dio comanda e saremo tutti più più tranquilli“. Ecco perché là si va sempre un po’ nel precariato.

Ecco, la riflessione è questa: era illusorio questo pensiero di sistemarsi una volta per tutte. Magari sbaglio completamente, però da quello che si sente in giro siamo in un mondo che è in un cambiamento talmente veloce, talmente repentino, che ogni nostro pensiero umano di adesso poi ha bisogno di un continuo riadattamento, una sistemazione. Perché le cose cambiano, perché il tempo va avanti.

E qui dico la seconda cosa, ecco, cioè dove sono stato tutti questi anni. Da qui sono finito a Casalmaggiore che un po’ risentiva del mio paese. È un paese del cremonese, diciamo così, del casalasco, ma io sono di Calvatone. Ero abbastanza a casa. Dopo 10 anni lì, sono andato più in là ancora, son finito sul mantovano, sul viadanese. E lì caspita se le condizioni sono cambiate, perché mi son trovato parroco di una realtà piccola ma dispersa. Quattro paesi, in tutti erano 4.000 abitanti, ma tra il primo e l’ultimo c’erano 12 km.

Mi consolavo dicendo, però sono in pianura, pensa ai preti dell’Appennino che vanno vanno su e giù. Ecco.

Negli anni, sono partito che erano due preti, poi è arrivato il terzo prete. Poi sono arrivate le suore. Poi sono andate via le suore, poi andato via un prete, poi andato via un altro prete e sono rimasto da solo con queste quattro parrocchie. Non ti dico tutti gli anni quando si faceva il Consiglio Pastorale a dovergli spiegare: guardate che c’è un prete in più, c’è un prete in meno, c’è un paese che si aggancia, quell’altro che si sgancia. Eh, là ci si è abituati ad una flessibilità incredibile.

La battaglia più più grossa è stata con le signore, le signore della cucina, perché tutti gli oratori ce le hanno. Quando ho dovuto spiegare loro che non ci sarebbe più stata la Messa delle ore 8:00, “e lì “come facciamo noi dopo a cucinare per gli uomini a mezzogiorno? “. E allora ho detto: “guardate, fate le crespelle, fate le lasagne un attimo, riscaldate“. Gliela mettevo giù così, dopo si mettevano a ridere anche loro e qualcuno poi andava al Santuario. C’è il santuario anche là dove si va a Messa; però proprio oggi in questo paesino qui ho fatto l’ultima Messa, perché dopo ci sarà il trasferimento. Eran là tutte sorridenti che bevevano l’aperitivo prima di andare a casa. Mi sono messo là con loro e il clima si è stemperato molto. Perché la cosa che si è imparata è stata questa, cioè siamo in un tempo nel quale ci è chiesto insieme di camminare.

Non lo so, forse tanti anni fa le cose erano più stabili, anche là dove si è dediti principalmente l’agricoltura e gli agricoltori sono tali di generazione: insomma, il figlio faceva lo stesso lavoro del padre e il figlio del figlio faceva la stessa cosa che faceva il nonno, ecco.

E adesso invece il mondo sta proprio cambiando. È meglio, è peggio e questo è il mondo che noi dobbiamo prendere.

Adesso vengo via da là e non vi dico il dispiacere, ma proprio affettivo, eh, perché razionalmente capisco che un prete in 10 anni, ci chiamano, era nel contratto iniziale questa cosa qui. Però effettivamente ti leghi perché tu costruisci, brighi, sbagli, perdi delle persone, le vai a riprendere. C’è tutto un film che puoi raccontare e tu ai muri ti affezioni, ai muri di un oratorio tu ti affezioni, perché non solo le persone, ma anche le porte, le finestre, le stanze: ti parlano di quello che su successo in in quegli ambienti lì.

Io timidamente, ecco, questo non mettetelo nella registrazione, timidamente ho chiesto se potevo rimanere là sul mantovano perché c’ho passato così tanti anni. Però han detto no, vieni a Cremona. Ho detto va bene, ecco.

E qui vengo un po’ il Vangelo.

Ecco, la cosa che mi sembra di aver imparato, anche se non è così immediata, ecco, da mettere in pratica, è quella che da cristiani è proprio vero quando diciamo che dobbiamo seguire la parola di Dio, dobbiamo seguire la chiamata, la vocazione, che è proprio vero che davanti ad una pagina di Vangelo dobbiamo chiederci che cosa ci sta chiedendo il Signore.

E nella pagina che abbiamo letto c’è Gesù che si gira verso la folla che lo sta seguendo e gli dice sostanzialmente “Ma voi sapete a cosa andate incontro? Ecco, sapete che dovete mettere me al mio posto? Sapete che c’è una croce, ciascuno di voi deve deve portarsela?

Non sta dicendo che essere discepoli del Signore è una roba brutta, eh; è un’avventura meravigliosa, però è tutto un tentativo di entrare nei pensieri del Signore, nei pensieri di Dio che sono più grandi dei nostri pensieri.

I nostri pensieri hanno un valore, un valore grandissimo, ma il Cristiano cerca con l’aiuto dello Spirito Santo di inserire i propri pensieri in un pensiero grande.

Ecco, io penso che noi preti con questo nostro spostarci da un paese all’altro, che è una cosa umanamente un po’ incomprensibile, ecco, affettivamente difficile da digerire, però testimoniamo; ecco, testimoniamo, rendiamo questa testimonianza di di un tentativo di seguire qualcuno che ci sta camminando davanti e che ci sta chiamando.

Io credo che non solo i preti, ma ciascuno di voi, ciascuna famiglia delle vostre può testimoniare questo, riavvolgendo il film della propria vita, ritrovare le le chiamate del Signore. Quelle volte che se avessimo puntato i piedi non si sarebbe fatta la volontà del Signore. Invece abbandonandosi alla realtà che ti chiama, ecco, si è andati avanti, si è intrapreso qualche cosa, si è osato.

Io sono arrivato qui, ho parcheggiato la macchina lì e una volta di più mi sono stupito, ecco, di dire come sia stato possibile che una comunità sia riuscita a realizzare e pagare tutto questo. Veramente. Un po’ ho assistito anche alle discussioni sul progetto. Quel Don Piero che doveva fare 14 aule di catechismo. Don Piero, ecco, per fortuna, no, c’è stato questo pensiero, no? E allora pian pianino, com’è stato possibile?

Eh, io credo che è stato possibile proprio perché c’è della gente che siamo noi che, con mille distrazioni, mille inciampi, però ci lasciamo guidare dal Signore.

Questo è anche un bel messaggio per il mondo di oggi che tante volte sembra che se ci chiediamo chi sta seguendo il mondo di oggi, i pensieri degli uomini dove vanno a finire? Quando guardiamo i potenti, no? Le guerre, adesso siamo sotto pressione con questo pensiero qui. Chi stanno seguendo? No, ecco, noi testimoniamo che qualcuno da seguire, noi, lo abbiamo e questo è il Signore. E il nostro sforzo è quello di adattare, plasmare i nostri pensieri. che sono grandi, che sono belli, ai suoi pensieri, che sono ancora più grandi e ancora più belli.

Mi fermo qui.

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