Su temi quali l’immigrazione e soprattutto l’accoglienza dei profughi si è accesso un infuocato dibattito nel quale la fanno da padrone la demagogia, gli slogan, i luoghi comuni.
Viceversa un argomento tanto delicato che investe la nostra coscienza civile e la nostra identità cristiana necessita di una riflessione pacata che tenga conto della vastità e della complessità del fenomeno, acquisendo tutti i necessari elementi di conoscenza e di valutazione. In sostanza quello che in una visione cristiana di carità viene definito discernimento.
I dati che abbiamo a disposizione in merito sono estremamente illuminanti e coinvolgono, non solo il tema dell’accoglienza nel nostro Paese, ma investono i destini dell’intero pianeta.
Un popolo senza territorio
Il rapporto annuale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
Il nuovo rapporto annuale dell’UNHCR Global Trends, pubblicato il 18 giugno 2015, riporta una forte escalation del numero di persone costrette a fuggire dalle loro case, con 59,5 milioni di migranti forzati alla fine del 2014 rispetto ai 51,2 milioni di un anno prima e ai 37,5 milioni di dieci anni fa. L’incremento rispetto al 2013 è stato il più alto mai registrato in un solo anno. Tutto questo ci dice che le migrazioni forzate su scala mondiale provocate da guerre, conflitti e persecuzioni hanno raggiunto i massimi livelli registrati sinora e i numeri sono in rapida accelerazione. L’accelerazione principale è iniziata nei primi mesi del 2011, quando è scoppiata la guerra in Siria, diventata la principale causa di migrazione forzata a livello mondiale. Nel 2014, ogni giorno 42.500 persone in media sono diventate rifugiate, richiedenti asilo o sfollati interni, dato che corrisponde a un aumento di quattro volte in soli quattro anni. In tutto il mondo, una persona ogni 122 è attualmente un rifugiato, uno sfollato interno o un richiedente asilo. Se i 59,5 migranti forzati nel mondo componessero una nazione, sarebbe la ventiquattresima al mondo per numero di abitanti.
È questa la sconcertante realtà raccontata dai numeri, dalle voci e dalle storie del rapporto: Il 24° stato più popoloso del mondo è il paese fantasma del popolo dei rifugiati, la patria senza confini degli sfollati e dei richiedenti asilo, degli apolidi per causa di forza maggiore e dei sopravvissuti in fuga.
Il mondo è malato come non lo è stato mai
Tutto ciò ci dice che ogni giorno, nel 2014, un’esercito (42.500 civili) è stato divorato dalla terra di nessuno di chi ha perso tutto e può solo fuggire, lasciandosi alle spalle “persecuzioni e conflitti, violenza e violazioni dei diritti umani”. Un numero abominevole che è un atto di accusa al mondo intero, perché questa cifra sconvolgente negli ultimi quattro anni è esattamente quadruplicata.
Il Rapporto dell’UNHCR mostra che in tutte le regioni il numero di rifugiati e sfollati interni è in aumento. Negli ultimi cinque anni, sono scoppiati o si sono riattivati almeno 15 conflitti: otto in Africa (Costa d’Avorio, Repubblica Centrafricana, Libia, Mali, nord-est della Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan e quest’anno Burundi); tre in Medio Oriente (Siria, Iraq e Yemen); uno in Europa (Ucraina) e tre in Asia (Kirghizistan, e diverse aree del Myanmar e del Pakistan). Solo poche di queste crisi possono dirsi risolte e la maggior parte di esse continuano a generare nuovi esodi forzati. Nel 2014 solamente 126.800 rifugiati hanno potuto fare ritorno nei loro paesi d’origine, il numero più basso in 31 anni.
Nel frattempo, durano da decenni le condizioni di instabilità e conflitto in Afghanistan, Somalia e in altri paesi, e ciò implica che milioni di persone provenienti da questi luoghi continuano a spostarsi o – come si verifica sempre più spesso – rimangono confinate per anni nelle periferie della società, nella paralizzante incertezza di essere degli sfollati interni o dei rifugiati a lungo termine. Tra le conseguenze più recenti e ben visibili dei conflitti in corso nel mondo e delle terribili sofferenze che provocano può essere indicata la drammatica crescita del numero di rifugiati che per cercare sicurezza intraprendono pericolosi viaggi in mare, nel Mediterraneo, nel Golfo di Aden e nel Mar Rosso, oltre che nel sud est asiatico.
La metà sono bambini
A livello mondiale si sono contati 19,5 milioni di rifugiati (rispetto ai 16,7 milioni del 2013), 38,2 milioni di sfollati all’interno del proprio paese (rispetto ai 33,3 milioni del 2013) e 1,8 milioni di persone in attesa dell’esito delle domande di asilo (contro i 1,2 milioni del 2013). Ogni 122 abitanti della Terra, uno è diventato un profugo, e il dato più allarmante è che in maggioranza (51%) si tratta di bambini. Ma il dito puntato dalla storia è verso gli altri 121, quelli che non lo hanno saputo o potuto impedire: “È terrificante – dice l’Alto commissario per i Rifugiati, António Guterres – che da un lato coloro che fanno scoppiare i conflitti risultano sempre i più impuniti, e dall’altro sembra esserci una totale incapacità da parte della comunità internazionale a lavorare insieme per costruire e mantenere la pace”.
Clamorose smentite
Nel contesto di una forte crescita nel numero di migranti forzati, la distribuzione globale dei rifugiati resta fortemente sbilanciata verso le nazioni meno ricche, mentre le più ricche risultano interessate in misura inferiore. Quasi 9 rifugiati su 10 (86 per cento) si trovavano in regioni e paesi considerati economicamente meno sviluppati. Più di un quarto di tutti i rifugiati erano collocati in paesi che si trovavano classificati nella lista delle Nazioni Meno Sviluppate, compilata dalle Nazioni Unite. Questo dato smentisce clamorosamente l’affermazione che il peso dei Profughi sia tutto sulle spalle dei paesi sviluppati, e pone un altro inquietante interrogativo: se l’Europa fatica ad affrontare un problema che ha largamente contribuito a creare, come possono riuscirci i Paesi in via di sviluppo che ospitano l’86% dei rifugiati? Se al nostro mondo occidentale resta il 14% del problema, il 25% dei rifugiati si trova addirittura nell’elenco dei paesi meno sviluppati del pianeta.
La classifica dei paesi ospitanti
Nella classifica dei paesi ospitanti, al primo posto è salita la Turchia (1,59 milioni di persone) seguita dal Pakistan (1,51 milioni) e dal Libano (1,15), dall’Iran, dall’Etiopia e dalla Giordania. E se guardiamo al rapporto tra rifugiati e cittadini, il primato della mano tesa va al Libano: 232 rifugiati ogni mille abitanti, quasi uno su quattro. In Europa, però, “i migranti forzati hanno raggiunto quota 6,7 milioni contro i 4,4 del 2013″: il 51% in più. Su 1,7 milioni di richiedenti asilo nel mondo nel 2014, 173mila lo hanno fatto in Germania.
I dati riguardanti l’Europa
Nel 2010 in Europa erano arrivati 10 mila persone attraverso il Mar Mediterraneo, diventate circa 70 mila nel 2011, durante la Primavera araba. Nel 2012 i rifugiati che scappano sui barconi sono cresciuti a 22 mila, poi aumentati a 60 mila nel 2013 secondo i dati di Frontex (Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea). La crisi umanitaria è esplosa nel 2014, con l’acuirsi delle tensioni in Africa e Medio Oriente. Nel 2014 sono arrivati più di 218 mila profughi dal Mar Mediterraneo (di cui 170.000 circa in Italia), più del triplo rispetto all’anno precedente, un numero destinato a crescere quest’anno. Al momento si possono fare solo stime, ma pare possibile che si superino le 500 mila persone in arrivo dalla Libia.
Il numero di vittime
Secondo notizie raccolte, tra il 1988 e il 2008, dall’osservatorio sulle vittime dell’immigrazione Frontex Europe – almeno 12.012 tra uomini, donne e bambini hanno perso la vita tentando di raggiungere l’Europa clandestinamente, non potendo viaggiare in modo regolare. La stragrande maggioranza è morta nel mare Mediterraneo sulle rotte per raggiungere l’Italia, Malta, la Spagna, la Francia (parte nell’oceano Atlantico, verso la Francia o nell’oceano Indiano per l’isola francese di Mayotte) le isole Canarie, la Grecia. Nel 2014 gli immigrati morti nel Mediterrano sono 3072. Nel 2015 la stima dei profughi annegati è di circa 1600, in questo computo non sono conteggiate le ultime tragedie che hanno fatto registrare un elevato numero di morti. L’apice di questo orrore si è avuto il 21 aprile 2015 con un naufragio avvenuto al largo delle coste libiche che ha fatto registrare 800 vittime.
I dati riguardanti l’Italia
Quasi 63mila migranti sbarcati nel 2011, 43mila nel 2013, addirittura 170mila l’anno scorso e otto mila solo nei primi di due mesi del 2015, il 43% in più rispetto al primo bimestre del 2014.
La continuità del fenomeno
L’immigrazione dei profughi è uno dei problemi più complessi e drammatici con il quale ci confronteremo ancora nel futuro, per questo sembra improprio parlare di emergenza visto che siamo in presenza di una strutturalità del fenomeno. Ne consegue la necessità di superare un approccio emergenziale: il modello organizzativo fortemente centralizzato nelle mani del Ministero dell’Interno e delle Prefetture, infatti, è idoneo per emergenze e fenomeni anche acuti ma limitati nel tempo; meno, invece, per gestire un flusso ininterrotto e crescente di persone in fuga da guerre, conflitti e situazioni di grave pericolo.
L’immigrazione irregolare nel nostro Paese
In Italia l’immigrazione irregolare è alimentata soprattutto dagli overstayers, tutti quegli stranieri che, entrati nel Paese regolarmente, restano dopo la scadenza del visto o dell’autorizzazione al soggiorno: un fenomeno che riguarderebbe circa il 60% del totale degli immigrati irregolari, mentre un altro 25% circa arriverebbe illegalmente da altri Paesi Schengen, approfittando dell’assenza di controlli alle frontiere interne. Soltanto il 15% circa dell’immigrazione irregolare arriverebbe dalle rotte del Mediterraneo. Ma la situazione del 2014 e del 2015 rischia di ribaltare completamente queste percentuali datate e superate. Sono le crisi mediorientali e africane ad addensare sulle coste nord africane e soprattutto libiche 500.000 (?), 1.000.000 (?) di persone che premono per raggiungere in primis l’Europa e non l’Italia.
Il fenomeno migratorio complessivo in Italia
La controtendenza dei flussi migratori
Il nostro Paese attrae sempre meno gli stranieri, la cosiddetta invasione dell’Italia è più un’impressione propagandistica che un dato reale perché chi sbarca non resta nel nostro Paese (o non vorrebbe restarci), e perché la comunità straniera più rappresentata tra gli immigrati è quella rumena, (Paese UE), con 58.000 iscrizioni nel 2013. Seguono altre tre comunità che non hanno niente a che vedere con i barconi del Mediterraneo: quella del Marocco (20.000), della Cina (17.000) e dell’Ucraina (13.000). Comunque, finora e senza le novità e le ondate che arriveranno nel 2015 (senza che l’Europa si scomponga più di tanto), l’immigrazione non era in crescita, ma in calo, passando dai 527.000 migranti del 2007 ai 307.000 nel 2013, ben il 41,7% in meno. «Nello stesso periodo – dice l’Istat – le emigrazioni sono più che raddoppiate, passando da 51 mila a 126 mila. In confronto al 2012 le iscrizioni dall’estero si riducono del 12,3% mentre le emigrazioni per l’estero aumentano del 18,4%. Il saldo migratorio netto con l’estero, pari a +182 mila, registra il valore più basso dal 2007». Nel 2013 si è registrata una riduzione dell’immigrazione straniera: meno 42.000 e – 13,2%, rispetto al 2012 e il calo maggiore è tra i rumeni, che sono passati da 82.000 immigrati nel 2012 ai 58.000 del 2013 con un – 29%. Se ne vanno dal nostro Paese anche i cittadini dell’Ecuador (-37%), della Costa d’Avorio (-34%), della Macedonia (-26%) e della Polonia (-24%).
Torniamo ad essere un Paese di emigranti
Invece non è stato mai così alto negli ultimi 10 anni il numero di emigrati italiani: «Circa 44 mila emigrazioni, sulle complessive 125 mila registrate nel 2013, riguardano cittadini stranieri. Il numero di cittadini stranieri che lasciano l’Italia è in aumento rispetto all’anno precedente (+14,2%) – si legge nel report Istat – ma ancor più marcato è l’incremento dei nostri connazionali che decidono di trasferirsi in un Paese estero. Il numero di emigrati italiani è pari a 82 mila unità, il più alto degli ultimi dieci anni, in crescita del 20,7% rispetto al 2012. Tale incremento, insieme alla contrazione degli ingressi ha prodotto nel 2013 un saldo migratorio negativo per gli italiani pari a -54 mila, quasi il 40% in più di quello del 2012 nel quale il saldo risultò pari a -38 mila».
Ancora alcuni dati rilevanti.
Tra il 2005 e il 2013 la forza lavoro degli stranieri passa da 1.298.700 a 2.832.440 unità (+218%). Questo nonostante il calo di 543.000 persone nella popolazione italiana e perché la forza lavoro straniera aumenta anche nei primi anni più duri della crisi. Si calcola che gli stranieri contribuiscano per l’11% al PIL italiano. Ma a fronte di un tumultuoso incremento quantitativo (che aumenta il numero dei contribuenti Inps e il relativo monte contributivo) si sono verificate alcune problematiche sul versante qualitativo. L’inserimento lavorativo è segmentato e frantumato a seconda dei lavori e del territorio; l’inserimento lavorativo degli immigrati è verso le famiglie (colf e badanti) o verso le Piccole Medie Imprese (PMI) , quindi più esposto al nero o alla sottoapplicazione contrattuale; il loro lavoro è dequalificato e sottoposto ad ogni tipo di discriminazione (segregazione, sottoinquadramento , svantaggio retributivo ecc.); esiste un cannibalismo tra lavoratori immigrati su salari e condizioni di lavoro.
L’andamento demografico in Italia
Un ultimo dato che è un campanello di allarme per il paese. I nati in Italia da genitori stranieri sono stati 80.000 nel 2012 (dato Istat). Secondo il rapporto dell’Istat, “ se ai nati da genitori entrambi stranieri si sommano anche i nati da coppie miste si raggiunge quota 107 mila nati da almeno un genitore straniero nel 2012 (il 20,1% del totale)”. I nati italiani per anno sono oggi circa 500.000, visto il basso tasso di natalità (in Francia, con una popolazione comparabile con quella italiana, i nati sono risaliti a 800.000 anno, grazie alle politiche di sostegno alle famiglie). Questi dati, unitamente ai ricongiungimenti familiari, stanno cambiando il volto della scuola italiana: gli alunni stranieri erano 196.414 nell’a.s. 2001/2 e sono diventati 802.844 nell’a.s. 2013/4 (il 9% del totale degli alunni). Inoltre stanno portando in evidenza la necessità di una profonda revisione delle leggi, anche sulla stessa cittadinanza.
Numeri che parlano: la cultura dello scarto
Tutti questi dati possono servire a far emergere e ad approfondire gli innumerevoli aspetti di un fenomeno tanto vasto quanto problematico quale quello degli immigrati e dei profughi. Su tutte una considerazione si impone. Due personalità che possono apparire distanti e diverse sono accomunate nel monito sulla deriva di questo nostro mondo, in primis riguardo alla nostra civiltà occidentale. Dal versante della fede Papa Francesco e da quello degli studi sociologici e filosofici Zygmunt Bauman indicano nella cultura del provvisorio e dello scarto il germe di questa deriva.
Riflessioni che ci aiutano a capire i cambiamenti e le tendenze in atto nel nostro tempo ad illuminarci sul grande fenomeno dell’immigrazione. Dice Bauman: “La migrazione è un fenomeno che ha riguardato la “modernità” dalle sue origini ed è da essa imprescindibile. Perché la modernità produce “persone inutili”. Esistono due “industrie” della modernità che producono “persone inutili”: una è quella cosi detta della “costruzione dell’ordine”, dove ogni regola e sistema vengono costantemente rimpiazzati da nuovi sistemi e regole che producono esuberi, persone eccedenti. L’altra industria che produce “persone inutili” è quell’industria che noi chiamiamo “progresso economico” che consiste, fondamentalmente, nel ridurre costantemente la forza lavoro. E questo semplicemente produce persone inutili. E queste persone andranno dove c’è pane, promesse di pane e acqua potabile.”
Le parole evangeliche del Papa invece, sono una risposta attesa e semplice alla «società liquida», al «deprezzamento della vita umana», ai «rapporti spezzati e instabili», «al consumismo che divora la nostra capacità d’amare e di prendersi cura dei nostri simili». Le parole di Francesco, già nel discorso pronunciato dopo la sua elezione, con quel monito a «prendersi cura gli uni degli altri», si sono subito presentate come una risposta inaspettata alla notte epocale che stiamo vivendo. Francesco parla al mondo intero e il mondo guarda a lui con fiducia, per carpire il segreto per uscire da questa crisi mondiale che non è solo economica: è una crisi dell’uomo. Il Papa è tornato ad essere un faro di luce per tutti; in un mondo dove regna «l’assoluta precarietà di ogni rapporto»; dove la gente vive con una «assenza di valori», (termini usati dallo stesso Bauman), la voce sicura di papa Francesco risuona fino alle «periferie esistenziali dell’umanità» : è una voce certa, ma mite, perché basata sul Vangelo, sulla verità di Dio e sull’amore; un amore che papa Francesco ci mostra concretamente e tangibilmente nei fatti. E’ questo il segno dell’attesa in un tempo nuovo che restituisca fiducia e ridia speranza.
Grafici e tabelle
Questo è un grafico utile per capire il trend e vedere come il raddoppio della presenza sia avvenuto negli ultimi 10- 11 anni, passando da 2,5 milioni a più di 5 milioni. Infatti, ad aggiornamento del grafico, nel 2014 i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti erano 5.364.000 (dati Idos), il 52,7% dei quali sono donne. Nel 2015 avrebbero raggiunto i 5,5 milioni, e con una presenza di circa 300.000 irregolari.
Fino a fine Aprile 2015 i dati sugli arrivi da sbarchi dall’Africa erano esattamente in linea con il 2014, anche se dalle tre seguenti tabelle e nel confronto fra i primi 4 mesi dell’anno 2015 su 2014, già si possono intravedere le nuove tendenze e quanto ci attende (bisognerebbe dire come Europa e non come Italia) per l’anno in corso. Dalla Tabella N. 1 vediamo che su un totale di circa 26.000 sbarcati nei primi 4 mesi dell’anno diminuiscono quelli verso la Sicilia di circa 4.100 (ma aumentano di 6 volte quelli diretti a Lampedusa, Linosa e Lampione), mentre aumentano di 1.060 verso la Puglia, di 1.700 verso la Calabria, di 78 verso la Sardegna, di 866 (da zero) verso la Campania. In totale gli sbarchi sono cresciuti di 577 unità.
Dalla Tabella N. 2 si vede che, a sostanziale parità degli sbarcati il numero dei natanti sono 208, contro i 168 del 2014, il che vuol dire imbarcazioni più piccole. La quasi totalità dei natanti (173 su 208) partono dalla Libia, anche se i Libici sbarcati sono poche decine, con un carico di 24.261 persone su un totale di 26.223.
Dati interessanti si evidenziano dalla Tabella N. 3 per quanto riguarda la nazionalità dichiarata al momento dello sbarco. Circa 1/5 sono Eritrei, meno di 1/6 sono Somali, circa 1/8 Nigeriani, e solamente meno di 1/13 sono Siriani, quasi come i Gambiani e i Senegalesi. Eritrea, Somalia, Nigeria e Siria sono zone di guerra, di carestie, di persecuzioni politiche e religiose, su cui si è scatenata la violenza dell’Isis. Praticamente non ci sono Libici tra gli sbarcati, pur arrivando tutti o quasi dalla Libia. Tra gli sbarcati molti più della metà arrivano dal Corno d’Africa o dalle zone sub sahariane, e avranno affrontato viaggi verso la Libia di settimane o mesi.
I Siriani dalle prime posizioni nel 2013, ma soprattutto nel 2014 con quasi il 25% del totale degli sbarcati, sono nei primi 4 mesi del 2015 a livello del Gambia e del Senegal con solo quasi 1/13 degli arrivi.
Nel grafico abbiamo la comparazione mensile degli sbarchi negli ultimi tre anni.