Martedì 4 settembre, in una placida serata estiva, è venuto a trovarci Gianpietro Ghidini. Chi di voi, incuriosito dalla sua storia, è venuto in Oratorio, sa già di chi sto parlando. Qui, preferisco presentarvelo nuovamente.
Gianpietro era un uomo di successo. Bresciano di Gavardo, vicino al lago di Garda, laureato in economia e manager di diverse imprese. Una famiglia bellissima, insieme ad una vita apparentemente perfetta. Tuttavia, Gianpietro vive l’esperienza peggiore che un padre può provare. Il figlio Emanuele, a causa degli effetti della droga, si getta a sedici anni nelle acque del fiume Chiese, vicino a casa. In quello stesso punto Gianpietro vorrebbe porre fine alla sua vita, che sebbene colma di successo, pare essere segnata dalla enorme sconfitta di aver lasciato il figlio in balia di qualcosa di così pericoloso come la droga. Gianpietro però in quel momento capisce che la sua vita potrebbe tornare ad avere un senso: aiutare tante altri genitori, tanti altri figli, a non ripetere gli stessi errori.
Gianpietro Ghidini da quel giorno incontra quasi quotidianamente scolaresche, parrocchie, associazioni, per promuovere la fondazione che ha creato – Ema Pesciolino Rosso – e per raccontare la sua storia. La droga è solo uno dei problemi della nostra attualità. Si inserisce nel problema più ampio delle dipendenze. Questa parola evoca subito droga e alcool, ma non dimentichiamoci del fumo, del sesso… e della tecnologia.
Quante ore passiamo incollati agli schermi dei nostri smartphone? Quante di queste ore sono utili per arricchire noi stessi e gli altri? Gianpietro pone continuamente queste domande al pubblico che, ascoltando, riflette silenzioso. E il pubblico, nel suo intimo, conosce la risposta: la maggioranza del tempo passato davanti allo schermo è quello in cui si sfogliano immagini o si scorrono i social network, senza un particolare scopo, semplicemente per noia.
Proviamo a pensare a come la nostra vita potrebbe cambiare se, invece di muovere il dito sullo schermo del telefono, ci recassimo dai nostri nonni (se siamo i nipoti), oppure parlassimo con i nostri figli (se siamo genitori). O ancora se leggessimo un buon libro o facessimo una rilassante passeggiata nella natura. Sicuramente saremmo più coscienti del mondo e delle creature che lo popolano, innanzitutto delle persone che ci stanno attorno.
Questi sono tempi in cui tutti cercano la felicità, magari provando a comprarsela pezzo per pezzo, con nuovi oggetti, viaggi. Ma è un tipo di felicità effimera. L’oggetto invecchia, il viaggio finisce. Gianpietro prova a svegliare le nostre coscienze esortandoci a cercare la serenità. Quel sentimento che non svanisce ma è prova di una pace che si costruisce nel tempo, con impegno, insieme agli altri.
Gianpietro ci fa riflettere anche sul ruolo di un genitore. Egli dovrebbe essere un amico, un confidente, un educatore. I nostri figli non sono semplicemente un prolungamento della nostra esistenza, trofei da esporre in bacheca con gli altri genitori. Sono persone che crescono, e noi genitori vogliamo che crescano bene. Gianpietro prova a stilare una serie di consigli per diventare un genitore migliore.
Nel video allegato potete ascoltare tutto l’intervento di papà Gianpietro, aiutato per l’occasione da Tony, padre del migliore amico di Ema. Lo stesso intervento lo potete trovare cliccando su questo link. Per approfondimento vi invito a visitare il sito della Fondazione: pesciolinorosso.org. Ricordandoci di trarne un insegnamento, ed evitando di lasciarci distrarre dal resto. Usiamo la tecnologia, non lasciamoci usare.
Proviamo a cogliere nelle parole di Gianpietro le stesse emozioni che, quella sera, abbiamo provato scorgendo una bellissima stella cadente, per tutti noi segno inconfutabile della presenza di Emanuele.