Nell’Anniversario della liberazione dell’Italia (25 aprile 1945) vogliamo unire il ricordo del Sevo di Dio Gino Pistoni al pietoso ricordo di tutti i defunti della guerra di liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista.
Gino Pistoni, nato nel 1924 da due piccoli commercianti di Ivrea, ha avuto, fin da piccolo, il meglio che si possa desiderare per un’educazione cristiana e una formazione umana completa: prima dalle Suore dell’Immacolata di Ivrea, poi dai Salesiani, infine al “Collegio San Giuseppe” di Torino. Eppure, con ogni probabilità, oggi non ci troveremmo a parlare di lui se la sua strada non si fosse incrociata con l’Azione Cattolica. Perchè è da quel preciso momento che la sua esistenza si riveste di entusiasmo, la sua fede diventa contagiosa, la sua allegria si fa esplosiva e coinvolgente. Gli affidano subito la segreteria del centro diocesano, a stretto contatto con l’assistente diocesano e il gruppo dirigente, che assistono sbalorditi alla metamorfosi della sua vita, sconvolta dall’incontro con Gesù ed ora aperta alla Grazia. “O Signore, insegnami a fare la tua volontà, insegnami a stare degnamente ed umilmente in tua presenza”, chiede in prolungati momenti di preghiera, nel duomo della sua città o nelle sperdute chiesette di montagna. Tutto il suo tempo libero, ormai, è interamente dedicato ad annunciare e diffondere l’amore di Gesù nelle parrocchie, nei circoli, anche nella sua squadra di basket.
Nel 1944, durante la seconda guerra mondiale, Gino Pistoni come tanti altri giovani riceve la chiamata alle armi della Repubblica di Salò e si presenta subito al Distretto militare: “Non vorrò mai che si dica che noi dell’AC non sappiamo amare la patria”, dice agli amici e, intanto trasforma la camerata, portandola al rosario ogni sera e poi addirittura tutta la caserma, da lui trascinata quell’anno a “fare Pasqua”. Quelli erano giorni terribili in cui uomini armati, vestititi di nero, volevano conquistare il mondo, imponendo le loro leggi, scacciando e uccidendo moltissimi civili inermi, perseguitandoli per la loro religione, portando ovunque morte e distruzione.
Quando si accorge, con estrema lucidità, dell’ideologia di violenza, di totalitarismo e di razzismo, che il fascismo porta con sé, sceglie di unirsi ai partigiani, non facendo questa scelta per passione di guerra, né per odio verso i nemici, ma solo per partecipare alla Resistenza agli invasori e per la difesa dei diritti delle popolazioni occupate, avvertendo la necessità di servire la causa della giustizia e della libertà. Il 20 giugno 1944 si diede alla macchia ed entrò a far parte, col nome di battaglia di “Ginàs”, di una Brigata della 7ª Divisione Garibaldi, ad una condizione: non dover mai imbracciare un fucile, che sarebbe un nonsenso per lui, che come cristiano non accetta la violenza. Fra i partigiani mantenne sempre un contegno lineare e irreprensibile, in coerenza con i suoi principi cristiani, suscitando stima e rispetto anche in chi si riteneva non credente.
Il 25 luglio 1944, durante un attacco tedesco delle SS nella bassa Valle Lys, presso Gressoney in Valle d’Aosta, mentre gli altri partigiani fuggivano, egli si attardò a soccorrere un soldato tedesco ferito, venendo colpito da una scheggia di mortaio, che gli recise l’arteria femorale. Restò nella più completa solitudine a dissanguarsi e a consumare la sua agonia, compiendo con le residue capacità, prima di spirare, un vero atto di fede: con le dita intrise di sangue, scrisse sulla tela del tascapane un messaggio-testamento rimasto unico nella storia della Resistenza “Offro la mia vita per l’Azione Cattolica e per l’Italia, W Cristo Re”.
Il suo cadavere venne ritrovato quattro giorni dopo con accanto, macchiato di sangue, il ‘Piccolo Ufficio della Madonna’; il funerale si tenne in forma privata a causa della guerra; ma la fama della sua santità si estese subito e il suo testamento di sangue, divenne oggetto di scritti di Dirigenti d’Azione Cattolica dell’epoca.
Nel 1994, a 50 anni dalla sua morte, il Vescovo di Ivrea mons. Luigi Bettazzi avviò la causa di beatificazione. Conclusa la prima fase diocesana, Gino Pistoni è stato dichiarato Servo di Dio e dal 1999 la causa prosegue presso la Congregazione per le Cause dei Santi.