Le case di Mosul

È passato un anno da quando oltre 120 mila cristiani sono stati costretti a rifugiarsi in Kurdistan, cacciati dalle loro case in Iraq, dopo che le loro terre e case sono state sequestrate dai jihadisti. Mosul e i villaggi della piana di Ninive sono finiti nelle mani dello Stato islamico un anno fa e ora l’arcivescovo siriaco-cattolico di Mosul chiede che quelle terre tornino nelle mani dei legittimi proprietari.

SERVE SOLUZIONE MILITARE

Parlando ad Aid to the Church in Need, monsignor Yohanna Mouche ha chiesto «alle persone che ne hanno la responsabilità» di intervenire, ricordando che quella «militare è la soluzione migliore»: «Chiediamo a tutti di fare pressione sulle persone che hanno la responsabilità di liberare città e villaggi il prima possibile, così che la gente possa tornare indietro e vivere in pace nelle proprie case e continuare là la propria vita».

L’UNICA ALTERNATIVA 

Secondo l’arcivescovo c’è una sola alternativa all’intervento dell’esercito: «Faccio un appello alla comunità internazionale: se non potete proteggerci, allora dovete aprire le vostre porte e aiutarci a ricominciare la nostra vita da qualche altra parte». Poi ha aggiunto: «Noi preferiremmo rimanere in Iraq ed essere protetti qui», ma perché questo sia possibile qualcuno deve intervenire.

È UN INCUBO

Anche l’arcivescovo Yohanna Mouche è stato cacciato dalla sua diocesi. Descrive così i suoi sentimenti: «Mi sento come se stessi sognando, come se fossi ubriaco. Non riesco a capire che cosa sta succedendo intorno a me. È un incubo». Sulla chiesa di Sant’Efrem, che i terroristi dell’Isis a Mosul avrebbero trasformato in moschea, riferisce infine: «Non abbiamo novità sulle nostre chiese e i nostri monasteri», tra cui quello di San Behnam, che risale al IV secolo. «Purtroppo nessuno è rimasto a Mosul per darci notizie su queste cose».

ASPETTANDO CHE SI DECIDANO

Intanto la Presidenza della CEI ha deciso lo stanziamento di 1.237.400 dollari, attinti dai fondi dell’8xmille, per tre progetti a sostegno dei cristiani dell’Iraq. La decisione in seguito alla visita in Italia di mons. Bashar Warda, arcivescovo caldeo di Erbil, con la richiesta di aiuto per le 13mila famiglie di profughi che nella sua diocesi sono assistite da giugno 2014. Lo stanziamento in particolare servirà: per la fornitura di alloggi alle famiglie sfollate dalla pianura di Ninive (375mila dollari); per quattro pozzi a Erbil per i rifugiati di Mosul e Ninive (214.400 dollari); per la costruzione di una scuola per i rifugiati a Erbil (652mila dollari).

Inoltre Caritas Italiana, con un impegno di 975mila dollari, provvederà ad assicurare il cibo per il mese di agosto alle 13mila famiglie sfollate.

«C’è una frase che, da quando qualche mese fa in Iraq le famiglie dei profughi me l’hanno detta, non ho potuto più dimenticare – commenta il segretario generale della CEI, mons. Nunzio Galantino -: “Siamo perseguitati,  fate in modo che non siamo abbandonati”. È l’impegno che come Chiesa italiana abbiamo prontamente fatto nostro, traducendolo sia in iniziative di preghiera che di solidarietà».

 

Guarda il video dei The Sun – LE CASE DI MOSOUL

www.diocesidicremona.it/main/base1.php?id=sknewsfoto&idrec=6709

 

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