Domenica 16 Luglio 2017
XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
(Mt 13,1-9): Dal Vangelo secondo Matteo Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti.
L’ARTISTA
Vincent Van Gogh
Nato il 30 marzo 1853 a Groot Zundert, nel Brabante olandese, è avviato dal padre, pastore protestante, alla carriera di mercante d’arte: lavora dal ’69 al ’73 nella succursale della Galleria Goupil all’Aja, poi in quella londinese dal 1873 al 1875, infine nella sede centrale di Parigi.
Appassionato di pittura, nutre però un profondo disinteresse per il mestiere di mercante: così all’inizio del 1876 lascia d’improvviso l’impiego. Ma non sa ancora quello che vuole; legge moltissimo, spesso disegna , talora è preso da crisi religiose. E’ a Ramsgate, nel Kent, come insegnante di lingua, poi aiuto predicatore a Isleworth, presso Londra, impiegato di libreria a Dordrecht, studente di teologia ad Amsterdam e frequenta dei corsi di predicazione a Bruxelles.
Finalmente nel gennaio del ’79 ottiene l’incarico di predicatore libero nei bacini minerari del Borinage, dove vive gli stenti e le privazioni dei minatori. Di qui egli esce con un esaurimento da cui non si riprenderà più: pure è nel Borinage che egli scopre definitivamente nella pittura la sua vocazione, dopo un profondo esame di coscienza compiuto nell’estate del 1880 e testimoniatoci da una lettera al fratello Theo, fin da allora prodigo di aiuti, anche economici all’amato Vincent.
Lasciato il Borinage, dove aveva riempito i suoi taccuini di disegni ispirati alla vita dei minatori, Van Gogh si trasferisce dapprima a Bruxelles, studiandovi anatomia e prospettiva, poi nella nuova residenza famigliare di Etten. Nel dicembre del 1881 si reca all’Aja, dove sotto la guida del cugino Mauve, compie le prime esperienze pittoriche. Dopo un soggiorno a Nuenen, presso la famiglia (1883-85) , e ad Anversa (1885-86) , si ricongiunge a Parigi con l’amato fratello Théo.
A Parigi frequenta l’atelier Cormon, dove conosce altri giovani come Toulouse – Lautrec e Anquetin, partecipa alle vivaci discussioni che seguono la crisi dello Impressionismo, parteggia per i divisionisti e i sintetisti, incontra artisti come Pissarro, Gauguin, Seurat, Signac e Bernard. Ed è con Gauguin che più si lega; quando va ad Arles per ritirarsi a lavorare prega con insistenza l’amico di raggiungerlo. Questi arriva il 20 ottobre del 1888 e i due mesi che seguono sono per entrambi fertili di lavoro: ma la diversità dei loro temperamenti e le continue discussioni logorano i fragili nervi di Van Gogh che nella sera del 23 dicembre tenta armato di rasoio, di aggredire l’amico e poco dopo per punirsi, volge l’arma su se stesso e si taglia un orecchio.
E’ la prima violenta crisi di una serie che travaglia i suoi ultimi anni. Nel maggio del 1889 entra nell’ospedale psichiatrico di Saint Remy de Provence per sottoporsi a cure più assidue: dopo un anno si trasferisce ad Auvers sur Oise, dove il dottor Gachet si prende cura di lui. Tutto sembra andare per il meglio; ma solo due mesi più tardi, in un giorno in cui le allucinazioni più assediano la sua mente, si spara un colpo di rivoltella al cuore in aperta campagna. E’ il 27 luglio del1890: due giorni dopo muore assistito da Théo e dall’amico Gachet.
Van Gogh rappresenta il prototipo più famoso di artista maledetto che vive la sua breve vita tormentato da enormi angosce ed ansie esistenziali, al punto di concludere tragicamente la sua vita suicidandosi. Ed è un periodo, la fine dell’Ottocento, che vede la maggior parte degli artisti vivere una simile condizione di emarginazione ed angoscia: pittori o poeti finiscono la loro vita dopo i trent’anni, corrosi dall’alcol e da una vita dissipata.
L’attività di Van Gogh è stata breve ed intensa. I suoi quadri più famosi furono realizzati nel breve giro di quattro o cinque anni. Egli, tuttavia, in vita non ebbe alcun riconoscimento o apprezzamento per la sua attività di pittore. Solo una volta era apparso un articolo su di lui. Dopo la sua morte, iniziò la sua riscoperta, fino a farne uno degli artisti più famosi di tutti i tempi.
Van Gogh nell’immaginario collettivo rappresenta l’artista moderno per eccellenza che identifica completamente la sua arte con la sua vita, vivendo l’una e l’altra con profonda drammaticità. L’artista che muore solo e disperato, per essere glorificato solo dopo la morte.
L’OPERA
IL SEMINATORE AL TRAMONTO”
1888
Otterlo, Rijksmuseum Kroller – Muller
Il quadro di Van Gogh rappresenta “Il seminatore”. Il pittore, figlio di un pastore protestante, nella sua veste di aiuto predicatore, dovette commentare in un sermone festivo la parabola del Seminatore. Il quadro è un capolavoro. La parte alta ha il sole al centro, la parte bassa il terreno arato. Tra le due parti una siepe di grano maturo, in mezzo il seminatore. C’è uno scambio di colore tra cielo e terra. Il seminatore con la mano sinistra tiene sul cuore il sacco del seme. Il seme ha lo stesso colore oro del cielo. Lo sguardo è fiducioso e deciso, il passo forte e proteso in avanti. Il Seminatore procede a testa alta, incrollabile, solo, ma non domo. C’è vitalità piena nel gesto della mano, nella gamba avanzata, nel viso fermo. C’è un movimento che va oltre il vuoto stesso che porta oltre la solitudine e l’abbandono, che permette di assorbire la luce del sole. Che permette di trasformare il vuoto e il caos in potenze creative.
Il quadro porta il titolo “Il Seminatore al tramonto”.
Le raffigurazioni di soggetto contadino furono al centro degli interessi di Van Gogh per quasi tutta la sua carriera. Nel quadro Van Gogh si affida interamente ai colori; la tela è dominata da due tinte complementari: il viola del campo e della figura, contrapposto al giallo del cielo e delle spighe di grano. Gli abiti del seminatore hanno gli stessi toni della natura che lo circonda, con un’implicita identificazione; egli non è, però, al centro del dipinto, che è invece occupato dalla visione della sfera del sole, quasi accecante.
L’andamento delle pennellate simula i raggi e anche il campo ha un andamento leggermente tondeggiante, come se dall’astro si sprigionasse una forza benefica, vivificante, che coinvolge tutto.
“Il seminatore al tramonto”, è una rielaborazione personale del pittore di un soggetto simile dipinto da Jean Francois Millet che influenzò non poco lo stesso Van Gogh. Il seminatore ha una connotazione simbolica per Vincent, che paragona la propria fatica artistica al duro lavoro nei campi, ed esalta la figura umana come dispensatrice di speranza e di vita. Il punto focale del dipinto è però senza dubbio il sole, che posto al centro dell’orizzonte, diffonde i suoi raggi in tutte le direzioni, e inonda il campo con una luce calda e vigorosa. È il sole della Provenza, dell’«alta nota gialla» che ha acceso la tavolozza di Vincent al suo arrivo ad Arles nel febbraio del 1888. Qui il pittore aveva inizialmente trovato una corrispondenza tra il suo animo, la realtà esterna e la sua arte. I colori de Il seminatore sono forti, complementari, e le pennellate sono precise, quasi simmetriche.
LA LETTURA IN CHIAVE EVANGELICA
Dio è da sempre all’opera nell’esistenza di ciascuno di noi. Dio non ha disertato il mondo e continua a pronunciare una parola di bene anche su questo mondo, per gli uomini e le donne di questo nostro tempo. Dio continua a camminare verso il cuore di ognuno. Su questa fiducia possiamo ancorare il nostro slancio ed il nostro impegno nell’annuncio del Vangelo. L’oggi che viviamo ci domanda, come Chiesa, di fare nostro lo stile di Dio, di fare risuonare nei nostri gesti e nelle nostre parole, la grazia, la delicatezza e la bellezza della sua gestualità: larga, generosa e gratuita. Van Gogh, nel suo dipinto, con la potenza dell’immagine, ci aiuta a “vederla”. Un contadino al tramonto esce al suo lavoro. È ormai tramontato un certo tipo di società cristiana, eppure su quest’orizzonte si staglia la figura di un seminatore che prende la semente da una sacca messa a tracolla sul suo cuore. Quest’immagine profuma di Vangelo, rimanda a quel seminatore – Dio – che esce a seminare senza fare scelta preventiva del terreno, come un contadino che sfida l’impermeabilità dell’asfalto, la stretta soffocante delle spine, la durezza delle pietre. Ci ricorda il suo gesto gratuito, la sua pazienza nell’attendere che il seme cresca, il rischio dello spreco che egli assume.
Gran parte del suo lavoro sarà cibo per i corvi o rimarrà sterile, incastrato tra le pieghe della terra. Quel contadino non misura la sua semina sulle possibilità di raccolto. È generoso.
L’azione dell’uomo è sostanzialmente quella di ascoltare, questa è la responsabilità che ciascuno di noi si assume davanti alla Parola di Dio, e i diversi terreni rivelano gli ostacoli e le lotte che la Parola incontra in noi. I terreni infruttiferi contengono sempre altri elementi, più o meno inclusi nel suolo, mentre l’ultimo è terreno “semplice” cioè è fatto solo di terra.