Solennità dell’annunciazione del Signore
L’Annunciazione del Signore è una delle principali feste mariane che la Chiesa ha inserito nel calendario Liturgico. L’episodio è descritto nel Vangelo di Luca (1, 26-38) : l’arcangelo Gabriele annuncia a Maria, vergine, sposa di Giuseppe, il concepimento del Figlio dell’Altissimo.
Celebrare la festa dell’Annunciazione del Signore in un tempo liturgico in cui la Chiesa tende verso la Pasqua, può apparire una stranezza. Va tuttavia notato che il mistero dell’Incarnazione del Verbo eterno di Dio è finalizzato al mistero pasquale, il mistero (progetto) di Cristo.
La data esatta in cui avvenne l’Annunciazione è ignota, come pure quella della nascita di Gesù. La sua ricorrenza è convenzionalmente fissata al 25 marzo, nove mesi esatti prima del Natale, in quanto la dottrina cristiana fa coincidere l’Annunciazione con il momento del concepimento miracoloso di Gesù. Come curiosità, il 25 Marzo era una data simbolica e prestigiosa per l’inizio della nuova era cristiana (inizio anno), così tante altre feste erano datate in questo giorno; oggi resta solo questa.
L’ARTISTA
Antonello da Messina
Antonello da Messina nacque a Messina nel 1425-30 circa.
Si formò alla bottega del Colantonio a Napoli al tempo di Alfonso I che accoglieva artisti di varie provenienze soprattutto dalle Fiandre. Antonello da Messina si puòdefinire uno dei più grandi pittori rinascimentali dell’Italia meridionale ed esponente della pittura fiamminga in Italia. Compì numerosi viaggi fu a Venezia, Milano, in Provenza, a Roma.
Tra il 1460 e il 1465 lo troviamo a Messina, la sua pittura in questo periodo è caratterizzato dalla presenza di elementi fiamminghi e provenzali per esempio nel San Girolamo penitente che si trova al museo nazionale di Reggio Calabria e nel Ritratto virile del museo di Cefalù.
Dopo questo periodo, per circa cinque anni, compì altri viaggi di aggiornamento come dimostrano le opere che realizzò: il Salvator Mundi che si trova a Londra nel quale ci appare la conoscenza delle opere di Piero della Francesca sia nel senso volumetrico che nella semplificazione geometrica delle forme, senza rinunciare al colorismo tipicamente fiammingo. Sintesi perfetta del gusto per il particolare tipicamente fiammingo e di impianto spaziale pierfrancescano è la Madonna col Bambino della National Gallery di Washington.
Ritornato a Messina eseguì numerose altre opere come il Politico di San Gregorio conservato al museo di Messina, l’Annunciazione oggi in cattivo stato di conservazione e il San Girolamo nello studio. Una delle opere più famose di Antonello è l’Annunciata la cui datazione è incerta ma che sembra posteriore al suo viaggio di Venezia effettuato nel 1475 dove seguì alcune opere come il San Sebastiano forse facenteparte del trittico di San Rocco nella chiesa di San Giuliano. Ancora abbiamo la Pala di San Cassiano che oggi si trova a Vienna e che servì da modello ad altri artisti che dipinsero lo stesso soggetto. La Pietà del Museo Correr di Venezia risulta essere il punto d’arrivo della sua ricerca sul rapporto luce ombra, infatti il corpo di Cristo si viene a comporre grazie alla luce mentre il fondo rimane in ombra.
Nel 1476 Antonello ritornò a Messina dove restò fino alla morte che sopraggiunse tre anni dopo.
L’OPERA
“L’ANNUNCIATA”
1476 ca.
Palermo, Galleria Nazionale della Sicilia
Molti artisti, in pittura, scultura, letteratura, si sono cimentati nella sfida di rappresentare l’episodio dell’annunciazione. La pittura di tutti i secoli ha riempito il nostro immaginario di Marie meditabonde, lagrimose, contemplative, estatiche al cospetto del messaggero divino.
L’angelo è sempre presente e quasi sempre corredato da ali più o meno colorate, trasparenti, ingombranti; le ali associate agli angeli costituiscono una raffigurazione molto antica, efficace a far intuire la celerità e la prontezza degli angeli nell’eseguire il volere divino.
Vi presentiamo ora un’opera d’arte che capovolge completamente questa lettura dell’Annunciazione e che ci aiuta a coglierne il significato più profondo: l’Annunziata di Antonello da Messina.
L’annunciazione di Antonello non è un’annunciazione perché non c’è nessuno che annuncia. Non c’è l’Angelo, c’è Maria e basta. C’è l’uomo e basta. Senza aureole – senza placche d’oro – senza luci metafisiche. Il manto è azzurro ad indicare la piena umanità di Maria, la mano sinistra con pudicizia richiude i lembi del manto lasciando intravedere solo un frammento della veste rossa; il rosso è il simbolo della divinità regalità. Mancano l’oro, il paesaggio, le architetture , c’è solo la Donna e c’è la luce che si riflette sul suo volto proveniente dall’alto e specchiata dalle pagine del libro. La presenza della luce porta inevitabilmente alla presenza delle ombre, segno della difficoltà di penetrare il mistero. L’Annunciata esce dal buio dello sfondo per avanzare verso a luce del libro. Il libro della Maria di Antonello è il libro aperto, di uno che studia, che elabora ed interiorizza il Verbo. L’accaduto vieneraccontato servendosi delle espressioni del volto e delle mani.
Tutte le critiche convengono nel dire che lo spettatore ha preso il suo posto.Noi che guardiamo non siamo al posto dell’angelo, non siamo spettatori silenziosi, siamo i destinatari. Ogni spettatore si accorge di trovarsi in una posizione a dir poco privilegiata.. E’ clamoroso il cambio del punto di vista rispetto a qualsiasi altra classica raffigurazione dell’evento biblico, che taglia fuori l’angelo e mette noi, osservatori, da soli di fronte a Maria nel momento in cui ha appena preso coscienza di essere, o di dover diventare, la madre del Cristo.
Qui il divino non si impone più sull’uomo ma lo interpella; l’uomo è chiamato a cogliere il senso della domanda posta ed a rispondere. Lo si può notare nella gestualità e nelle espressioni della Madonna. La realtà di essere madre, di avere un figlio, il Figlio di Dio, davanti alla sua fragilità, non può non averla scossa, turbata, devastata, ma solo da questa scossa profonda, da questo salto nel buio può avere inizio il cammino dello spirito. La dignità della natura umana non sta subendo alcuna costrizione ma sta decidendo il futuro. Maria interprete della massima libertà, questo ci consegna il capolavoro dell’Annunciata.
Dio chiama, la nostra libertà risponde.
SIGNIFICATO DELL'”ANNUNZIATA”
Maria ci parla attraverso il suo sguardo ed il gesto delle mani. Più di una fotografia raccoglie una sintesi di più tempi in un’unica rappresentazione. La comprensione di questo quadro non può prescindere da una lettura di fede nella dottrina cristiana, nella storia della salvezza.
In questo dipinto sono presenti 4 tempi distinti:
- preludio collegato con il libro aperto;
- entrata dell’angelo e reazione di Maria collegato la mano destra;
- il messaggio dell’Angelo e le domande di Maria collegati la mano sinistra;
- la risposta di adesione di Maria collegata con lo sguardo sereno, fiducioso e maestoso.
1) Il preludio indica un tempo precedente all’evento, la Vergine stava leggendo un libro aperto davanti a sé. Le pagine sono scritte ma illeggibili all’osservatore. Gli esperti hanno avanzato l’ipotesi che si tratti del capitolo 7 di Isaia contenente la profezia del redentore che sarebbe nato da una vergine. “Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine partorirà un figlio che chiamerà Emanuele. Il libro esprime la fede di Maria, la sua ricerca attenta della volontà di Dio che si esprime nella sua Parola, la sua apertura e disponibilità. La Parola di Dio – tramandata e custodita dalle Scritture – è ciò che la precede, che alimenta la sua fede
2) La mano destra ed il palmo proteso in avanti rappresenta la reazione iniziale di Maria all’apparizione dell’Angelo. Maria è sorpresa e preoccupata dall’intrusione dell’Angelo. Allunga la mano quasi a difesa. Chiede tempo per elaborare un tentativo di comprensione. Questa mano, la più bella mano della storia dell’arte, la definisce Roberto Longhi, o meglio il suo gesto che avanza deciso, fora letteralmente lo spazio sembra esca dal piano della tavola dipinta per proiettarsi sullo spettatore. È il gesto di chi vuole richiamare silenzio e attenzione, di chi non vuole essere distratto dai rumori intorno. Assieme allo sguardo porta una carica emotiva fortissima che rivela tutta la tensione e la meraviglia dell’ascolto di una parola sorprendente e imprevedibile. Maria rivolge questo gesto a se stessa, ma è anche un invito per l’osservatore a fermarsi, a fare silen-zio, per fare attenzione al desiderio di Dio che è nel cuore di ciascuno, ma anche per cogliere il desiderio di Dio di stare con noi.
3) Il gesto della mano sinistra contiene due distinti tempi. Dopo l’annuncio dell’Angelo la mano esprime la consapevolezza di essere la donna profetizzata da Isaia. La mano sinistra raccoglie il significato della scrittura diretta verso di Lei, al suo cuore. Al contempo le dita si riuniscono le due parti del velo quasi in segno di pudore (non conosco uomo) per indicare la domanda che pone all’Angelo dopo aver compreso il messaggio divino.
4) Gli occhi di Maria esprimono un significato diverso dai sentimenti manifestati nei primi tre tempi in cui lo smarrimento, il dubbio, la fatica, la ricerca di penetrare il mistero di cui è investita sono predominanti. Lo sguardo è invece composto, sereno e consapevole. Con questo sguardo il pittore ha superato la necessità propria di quanti hanno dipinto l’Annunciazione di inserire la colomba che discende dal cielo, si capisce chiaramente che lo Spirito Santo è già arrivato. Anche le labbra della Vergine sono in sintonia con lo sguardo ed esprimono una gioia sublime. La bellezza formale del VOLTO e la perfezione dei lineamenti rimandano a una bellezza interiore. È serio ma nello stesso tempo sereno.
Parrocchia di San Pio X in Cinisello Balsamo – MI
Omelia di don Danilo Dorini del 23 Dicembre 2007
per la Festa della Divina Maternità della Vergine Maria
Nel rito ambrosiano la terza domenica di Avvento è dedicata alla Divina Maternità della Vergine Maria. Davanti a Lei, che si è affidata totalmente a Dio, noi chiediamo perdono dei nostri peccati. Peccati non tanto di dubbio, che è lecito avere, ma peccati di resistenza nei confronti della parola di Dio. In questa festa facciamo una riflessione più ampia, a partire dal dipinto di cui, sulle panche, avete trovato una riproduzione che vi lascio come augurio di Natale.
E’ l’Annunciata di Antonello da Messina, uno degli artisti più importanti del Quattrocento italiano. Figlio di un tagliapietre, ha studiato a Napoli, dove ha conosciuto la pittura fiamminga da cui ha imparato l’uso della luce; tecnica che ha in seguito approfondito a Venezia nel biennio 1475-76.
Perché è andato a studiare a Napoli? Perché Napoli, per secoli, fu, contrariamente a quanto si dice, una delle più importanti città europee; almeno fino a quando ci sono stati i Borboni. Dopo di loro è iniziato il declino della città. A Venezia conobbe un altro grande pittore, Giovanni Bellini (1430-1516), i cui dipinti sono caratterizzati da un sentimentalismo tanto marcato quanto sublime. Tornato poi nella sua città, Antonello da Messina vi rimase fino alla morte riuscendo a conciliare nella sua arte due tradizioni: quella fiamminga e quella italiana, con l’attenzione alla persona, il suo calore umano e la compostezza formale.
Tra i massimi ritrattisti del suo tempo, fu attento non solo ai tratti fisionomici ma anche alle caratteristiche dei suoi personaggi. Seguiva sempre lo stesso schema: mezzobusto con testa girata verso sinistra (per chi guarda), gli occhi fissi in quelli dello spettatore, il lato sinistro del volto illuminato mentre il destro è ombreggiato; e sfondo scuro, da cui la figura emerge in modo solenne ma reale e discreta.
La pittura di Antonello è calma; in essa si sente il lento trascorrere del tempo nel fluire della quotidianità della vita, è una pittura delicata e profonda, alla ricerca dell’interiorità della persona ritratta. Per comprenderla occorre rifarci al concetto di mistero di cui già una volta vi ho parlato. Distinguiamolo, innanzitutto, da enigma. Enigma è qualcosa di incomprensibile, che non ha soluzione. Mistero rimanda ad una realtà la cui comprensione piena oggi ancora mi sfugge; ne comprendo alcuni tratti ma molti altri mi sfuggono eppure quei tratti mi attraggono. In tal senso la persona umana è e sarà sempre un mistero. Ma un mistero incarnato, concreto, trasparente, che si rende visibile pur superando la nostra capacità di comprensione.
Lo si nota molto bene in questa Annunciata. In essa il pittore volle dare alla Vergine il volto della sua concittadina e contemporanea Santa Eustachia Calafato, il cui corpo si conserva ancora oggi nella Chiesa del monastero di Montevergine a Messina. Il quadro, invece, sta a Palermo, presso la Galleria Nazionale della Sicilia.
E’ un quadro senza sbavature, vi è dipinto l’attimo cruciale della storia della salvezza, il sì di Maria e il concepimento di Gesù nel suo grembo verginale. Il manto è azzurro ad indicare la piena umanità di Maria, la mano sinistra con pudicizia richiude i lembi del manto lasciando intravedere solo un frammento della veste rossa; il rosso è il simbolo della divinità regalità.
Maria custodisce ciò che in lei è germinato e lo fa con delicatezza perché sa che è un Altro: Lui è nel tempo stesso il simbolo della comunione con Dio, “Il Signore è con te”, ma anche il motivo del suo distacco dagli altri, innanzitutto da Giuseppe.
Lei riceve l’annuncio che tutta Israele attendeva, ma ciò la porta a stupirsi per il troppo che è stato detto di lei: “piena di grazia”.
Guardatele il viso: qui la posizione è, diversamente dallo schema generale di Antonello, frontale e statuaria. E’ immobile ed in movimento nello stesso tempo: immobile perché superata dalla grazia di Dio ma pure in movimento perché percorsa da un fremito dovuto al senso della sua inadeguatezza. Non c’è commozione nel suo volto, né imbarazzo o timore.
E’ “Piena di grazia” ossia raggiunta dall’amore di Dio: volgarmente parlando significa che Dio si è dichiarato a lei, “le ha fatto il filo”, si è innamorato di lei… donna del popolo.
Osservate la piega del manto: un capo conservato nella cassapanca tra i vestiti del corredo e tirato fuori nelle feste grandi, tipico dei contadini. Eppure quale signorilità emana questa donna.
Diceva Oriana Fallaci “Essere donna è così affascinante, è un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai”. Identiche agli uomini come persone, ossia nella dignità, le donne hanno una loro originalità da custodire con coraggio e da testimoniare.
Ma cosa fa di una donna una donna? Diceva un noto medico di Cherat: “La donna è ciò che è perché ovula ossia per la sua predisposizione utile all’accoglienza”. Tant’è che anche la parola concepimento deriva dal latino cum-capere, ossia accogliere in sé.
Badate: accoglienza è molto di più del semplice rimanere incinta, ma una donna non accogliente, ossia volgare nel linguaggio e nel modo di porsi, non cordiale, non generosa, aggressiva, preoccupata della propria autonomia e libertà… difficilmente accetterà una gravidanza “imprevista” e generalmente non sarà aperta a tutti, nel senso positivo del termine; avrà, invece, delle preferenze. Non per nulla un proverbio milanese recita: “Te vet no in cà de lu se te set no amis de le!”Torniamo al quadro: lo sguardo di questa donna è lontano.
Ma dove stanno guardando quegli occhi? Non sul libro aperto sul leggìo! Scendono lenti verso destra, la sua destra, fino in basso. Possiamo immaginare un angelo (e ve l’ho messo) inginocchiato ai piedi dello scrittoio, ma anche una riflessione interiore di questa donna.
“Come avverrà questo? Io non conosco uomo”. La traduzione non è delle migliori: “Come è possibile?”.
In lingua originale Maria chiede: “Come avverrà questo?” dal momento che sa di essere vergine. aria ha già dato la sua disponibilità, ora vuole comprendere quale sarà il ruolo di Giuseppe: “Non conosco uomo”. Lo conosce, sa come è fatto, quali sono le sue esigenze umane maschili, si preoccupa del suo essere uomo.
Il cuore del quadro è nella mano destra alzata. Lì si gioca tutto il dipinto. il critico d’arte Roberto Longhi la riteneva la più bella mano di tutta la storia della nostra pittura.
Maria, muta, guarda avanti a sé piena di dolcezza, con una faccia tutta meridionale che le scalda il volto; alza la mano aperta in un no, è un gesto deciso. Dice tutta la sua apprensione ma anche il suo distacco e libertà, innanzitutto da Giuseppe.
Scriveva Kierkegaard: “Quando dico la mia fidanzata, la mia patria, la mia terra, il mio paese non intendo dire che mi appartengono ma che io appartengo loro”.
La castità è una questione di appartenenza. Io guardo a te e vedo una persona, non voglio nulla da te, non ti rubo niente… mi accosto a te perché tu sia un di più e non un di meno. Castità è sì anche una questione fisica (esistono ancora i peccati sessuali, si confessano poco ma esistono ancora!), ma è di più: se nell’adolescenza non pesano se non per la vergogna, nella giovinezza e nell’età adulta pesano perché rivelano la nostra immaturità; non siamo accoglienti nei confronti dell’altro né ci riserviamo totalmente a chi abbiamo scelto come compagno di vita.
Sempre guardando questa mano mi concedo una digressione riguardante il celibato sacerdotale, tema sul quale in questi tempi, grazie anche ad un mio ex confratello padovano, c’è una confusione generale anche tra i credenti di tutte le età.
Il celibato sacerdotale è una scelta della Chiesa cattolica, che potrebbe anche essere modificata in futuro, visto il calo dei sacerdoti e l’aumento dei cristiani cattolici nel mondo. a dare la possibilità ai preti di sposarsi sarebbe una soluzione al problema della scarsità del clero?
Là dove è stato fatto i preti non sono aumentati, prendete il mondo protestante. Perché seguire i fallimenti degli altri? Ma facciamo un ragionamento più serio.
Qual è la caratteristica primaria del sacerdote cattolico? La disponibilità totale e universale! E cosa dà maggiormente fastidio in lui? La preferenza nei confronti di qualcuno e la chiusura in piccoli gruppi con l’esclusione degli altri che sono la maggior parte! E avete ragione. Ma se già adesso facciamo delle preferenze, vi immaginate come sarebbe con famiglia appresso, moglie e figli?
Voi avete il diritto di pretendere da noi il possesso di quei requisiti che fanno di un maschio un uomo prima ancora di un prete, come pure il dovere di rispettare la nostra libertà senza avanzare la pretesa di rapporti esclusivi che contraddirebbero il nostro essere.
Concludo. Maria con le parole “Avvenga di me quello che hai detto”, che andrebbero tradotte così: “Possa davvero accadere quanto tu hai detto”, pone tutta la sua persona a servizio della parola di Dio. ui sta la soluzione al problema del calo dei sacerdoti e delle crisi matrimoniali: la donazione totale di sé stessi a Dio o ad un’altra persona. E’ il dono della gratuità e noi dobbiamo educare i nostri figli alla gratuità.
Fateci caso: non sono capaci di un gesto gratuito, difficilmente fondano il loro rapporto sulla gratuità, sulla generosità, sul piacere di stare con gli altri. Generalmente è il tornaconto il criterio delle loro scelte. Perché vai con lui che ha 3-4 anni più di te?” “Perché ha i biglietti gratis per andare a vedere l’Armani!” Dove andiamo a ballare?” “All’Hollywood, altrimenti io non vengo!”Va bene: noi paghiamo, lui entra gratis… ecco perché ci teneva tanto.
Fanno del volontariato? A volte mi domando se è per darsi un tono oppure perché ci credono davvero. Dubbio lecito a partire dall’impegno e dalla passione che ci mettono.
Educare ed educarsi alla gratuità ossia passare dalla domanda: “Cosa mi dai?” a “Cosa posso dare io?”.Questa è la strada più difficile, le altre sono scorciatoie che rinviano i problemi, non li risolvono.
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