Il 24 aprile la prima lettura ci presenta il passo degli atti degli Apostoli relativo alla “Conversione di San Paolo”. La conversione di Saulo è descritta dall’evangelista Luca in At 9, 1-9 ove si narra che questo persecutore diretto in Siria, verso la città di Damasco, viene folgorato da una luce divina che lo scaraventa a terra e lo rende cieco per tre giorni. Saulo ebbe così modo di conoscere la potenza del Cristo, personalmente, che lo rimprovera per la sua condotta verso i cristiani. Di qui la conversione, l’adesione e la ferma attività di proselito presso le “genti”. Paolo, così si farà chiamare, sarà testimone-annunciatore fra i più convinti del Signore.
La Conversione di San Paolo (o Conversione di Saulo) è un dipinto realizzato nel 1601 dal Caravaggio.
Il dipinto del Caravaggio per Santa Maria del Popolo a Roma è diventato nel nostro immaginario la rappresentazione della conversione di S. Paolo. L’opera di Caravaggio segna un INCONTRO tra il grande santo e un grande pittore: concentrandosi su S. Paolo, scavando all’interno del suo mestiere totalmente offerto, Caravaggio ha incontrato Cristo e ci ha testimoniato il suo incontro.
La scena ritrae il momento topico della conversione di Paolo quello in cui a Saulo, sulla via di Damasco, appare Gesù Cristo in una luce accecante che gli ordina di desistere dal perseguitarlo e di diventare suo «ministro e testimone». Sono presenti nella scena un vecchio e un cavallo, il quale, grazie all’intervento divino, alza lo zoccolo per non calpestare Paolo.
Inconsueta l’ambientazione: la scena è una semplice stalla, una postazione poco prima la città cui Saulo era diretto.Testimoni della vicenda soprannaturale: il cavallo, che occupa più della metà del dipinto, un anziano palafreniere che appena s’intravede sulla destra del dipinto, dietro il muscoloso collo possente del destriero. Paolo, invece, è riverso a terra, rappresentato nell’istante successivo a quella «luce del cielo che gli folgorò intorno»abbattendolo al suolo.
L’ambientazione poverissima, è scabra, spoglia tanto da parere ai suoi contemporanei perfino blasfema. Fatto decisamente insolito, i tre quarti del quadro sono in realtà occupati dall’immagine di un cavallo, che oltre tutto ci mostra il suo posteriore. Ciò ci dà l’idea di quanto fosse poco ortodosso, e forse anche insofferente, Caravaggio per giungere ad una scelta iconografica così insolita. Ma, a parte ciò, il senso del mistero che c’è nell’incontro con Dio traspare in maniera forte ed evidente. Il tutto è come se avvenisse di notte: L’oscurità, in fondo, aumenta sempre il pathos, che qui nasce dall’impossibilità di andare oltre con lo sguardo per comprendere cosa c’è oltre ciò che ci è dato vedere.
Il Santo è giovane: ed è a terra. Tutta la schiena aderente alla terra, gli occhi accecati da una luce. Le braccia aperte e protese verso la luce. Il palafreniere arretrato nell’ombra si china quasi con tenerezza a tenere il morso del cavallo che, lambito sulla groppa da quella luce, alza una zampa sorpreso, a non schiacciare il cavaliere.
L’uomo vecchio è uscito di scena. In scena ora c’è l’uomo nuovo con le spalle a terra. La luce non viene dalla natura, né da un angolo del quadro. La luce è esplosa dall’interno e acceca. La luce capovolge la visione del mondo: SI MANIFESTA, IRROMPE, ACCECA.
Caravaggio adotta l’iconografia della luce accecante e l’assenza di Cristo. Secondo alcuni studiosi l’artista lombardo fece questa scelta perché il committente lo aveva esortato a rispettare l’ortodossia cioè a dipingere ciò che era stato scritto negli Atti degli Apostoli. Secondo altri, Caravaggio decise di non dipingere Gesù perché non voleva che nei suoi quadri ci fossero figure divinizzate (Cristo era già risorto quando San Paolo si converte) perché ciò sarebbe andato contro il realismo a cui Caravaggio mirava.
Gli occhi di S.Paolo sono ciechi e la faccia risplende: è la conversione. Una conversione è un capovolgimento totale. ‘Tu non sei nulla e sei proprio tu che io chiamo’. Noi siamo un nulla e nel nostro nulla siamo chiamati a essere figli di Dio.
“Quale grande onore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! …. Fin d’ora siamo figli di Dio ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato.“ La natura umana condannata alla morte è vinta. Ora il cavallo, lambito dalla luce, sta in piedi a dominare il quadro con una zampa alzata. Il santo accecato sta con le spalle a terra. Ma “quando si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come egli è…”