Con il Motu Proprio “Antiquum misterium” Il Papa annuncia che la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti pubblicherà a breve il rito istitutivo del ministero laicale di catechista. Spetterà poi alle Conferenze episcopali stabilire «l’iter formativo necessario e i criteri normativi per potervi accedere».
Come noto i ministeri istituti, come l’accolitato e il lettorato, che il Papa ha recentemente aperto alle donne, sono affidati con atto liturgico del vescovo, dopo un adeguato cammino, «a una persona che ha ricevuto il Battesimo e la Confermazione e in cui siano riconosciuti specifici carismi». Si tratta di altro rispetto ai ministeri “ordinati”, che hanno invece origine in uno specifico Sacramento: l’Ordine sacro. Cioè i ministeri ordinati del vescovo, del presbitero, del diacono. Il nuovo Motu Proprio, dunque va nel segno di una valorizzazione del ruolo dei laici nella comunità. Con alcune sottolineature e precisazioni. Primo requisito necessario – ha osservato l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione «la dimensione vocazionale a servire la Chiesa dove il vescovo lo ritiene più qualificante. Il ministero non viene dato per una gratifica personale, ma per il servizio che si intende prestare alla Chiesa locale e a servizio di dove il vescovo ritiene necessaria la presenza del catechista. Non si dimentichi che in diverse regioni dove la presenza dei sacerdoti è nulla o rara, la figura del catechista è quella di chi presiede la comunità e la mantiene radicata nella fede». A seconda delle proprie tradizioni locali spetterà alle singole Conferenze episcopali individuare i requisiti di età, studio e le condizioni necessarie per accedere al ministero.
Il Papa il 30 gennaio scorso, nel discorso rivolto ai partecipanti all’incontro promosso dall’Ufficio catechistico nazionale, aveva sottolineato che: «Questo è il tempo per essere artigiani di comunità aperte che sanno valorizzare i talenti di ciascuno. È il tempo di comunità missionarie, libere e disinteressate, che non cerchino rilevanza e tornaconti, ma percorrano i sentieri della gente del nostro tempo, chinandosi su chi è al margine. È il tempo di comunità che guardino negli occhi i giovani delusi, che accolgano i forestieri e diano speranza agli sfiduciati. È il tempo di comunità che dialoghino senza paura con chi ha idee diverse. È il tempo di comunità che, come il Buon Samaritano, sappiano farsi prossime a chi è ferito dalla vita, per fasciarne le piaghe con compassione».
Con questo Motu proprio il Papa rilancia l’impegno per ogni comunità: il catechista risponde a una chiamata e lo fa per sempre. In un tempo fluido è importante avere coscienza che quel ‘sempre’ è un orizzonte di senso per una Chiesa ministeriale.