Grest 2019, informazioni e iscrizioni

Ogni uomo che nasce sulla terra riceve una missione speciale: fare della propria vita una storia, d’amore. Una storia, magari avventurosa e travagliata, il cui compimento è, però, già stato scritto dalla vita di Gesù. Raccontare vivendo è scegliere che il nostro tempo, le nostre energie, i nostri talenti e i nostri desideri raccontino di un amore, di una passione, di una precisa direzione con cui abbiamo provato a vivere ogni attimo la nostra esistenza. Abbiamo un’intera estate per scoprire che la vocazione è la storia della vita di ognuno. È l’ultimo passo di un cammino iniziato tre estati fa. Ogni azione dell’uomo nel mondo si realizza in tutta la sua potente bellezza solo se inscritta in un orizzonte orientato ad una vita buona, che è il miglior compimento dei doni che il Creatore ha fatto all’umanità.

Sarà l’estate delle storie, le nostre e quelle di uomini e donne che ci hanno preceduto o che esistono grazie al genio letterario di qualche scrittore. Ne abbiamo scelte quattro, anzi cinque (una + quattro) per mettere a fuoco ciò che è importante consegnare a bambini e preadolescenti durante il Cre-Grest. La prima storia siamo noi, nei nostri oratori, nei giorni di questa estate. È una biografia, anzi un’autobiografia che racconta la vita di una comunità che si prende cura dei più piccoli e racconta loro storie buone da ascoltare.

Seguono poi un racconto biblico, uno stralcio di cronaca, una storia antica che viene dall’Oriente, una riflessione. Ce le propone Giusi Quarenghi, che le ha scritte per noi. Sono parole di vita e di fantasia, di salvezza e di sapienza cariche di promesse e di futuro. Le consegniamo a voi perché rendiate unico il Cre-Grest e l’estate di bambini, preadolescenti, adolescenti e comunità cristiane.

UN’ESTATE PER FARE STORIA, E STORIE

Bella l’estate, belle le vacanze, bello questo tempo insieme, da vivere e da inventare.
Un tempo della storia che ognuno di noi è, della storia che possiamo costruire insieme, che vogliamo e possiamo riconoscere come nostra; e quindi farla, e raccontarla. Nel gesto meraviglioso, riconoscente, generoso e consapevole, di ricevere, portare, passare la fiaccola accesa della vita. Buon cammino, allora, in questa storia della vita che è nascere, crescere, avere desideri, fare progetti, realizzarli, fare realtà.

Bella l’estate, belle le vacanze, bello questo tempo insieme, da vivere e da inventare.
Un tempo della storia che ognuno di noi è, della storia che possiamo costruire insieme, che vogliamo e possiamo riconoscere come nostra; e quindi farla, e raccontarla. Nel gesto meraviglioso, riconoscente, generoso e consapevole, di ricevere, portare, passare la fiaccola accesa della vita. Buon cammino, allora, in questa storia della vita che è nascere, crescere, avere desideri, fare progetti, realizzarli, fare realtà.

Era già grande, Abramo, quando si era sentito chiamare: “Lekh, lekhà!” (Gen 12,1) aveva detto la voce; tradotto, vuol dire: “Vai, vai a te, vai verso di te, vai per te!”. Come dire: …la tua è una storia buona. Cercala, trovala, mettila al mondo. Cercati, trovati, mettiti al mondo, e fai mondo! Questo si era sentito dire Abramo, padre dell’umanità e di umanità. “Vattene dalla tua terra, dai tuoi parenti, dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti mostrerò.
[…] Ti benedirò” (Gen 12,1-2). Cominciò con questa chiamata la storia di Abramo, qualche migliaio di anni fa. Il nome Abramo significa ‘padre dell’umanità’ (“Conta le stelle del cielo, se puoi. Tanti come le stelle del cielo saranno i tuoi discendenti” (Gen 15,5), si era sentito promettere) e, forse, anche padre ‘di umanità’ (per salvare la città degli uomini, Abramo arriverà a litigare con il Dio della sua promessa (Gen 18,23-32).

Come sta bene la storia di Abramo qui, nella prima tappa di questo percorso, che è nascere. Si nasce grazie a qualcuno che ci fa nascere, veniamo – è bello pensarlo – dal desiderio di altri che hanno pensato facessimo parte della storia delle loro vite. Ma nascere non si esaurisce in un tempo breve, in un giorno soltanto; la nostra data di nascita si limita a indicare quando abbiamo incominciato a essere al mondo. Ma quante nuove nascite seguiranno, quante volte la storia della vita, più o meno bella, ci chiederà, ci metterà nelle condizioni, di rinascere, di ricominciare. Quante volte, nell’intreccio della vita nostra e di quelli che abbiamo intorno e di come va il mondo; tra la vita che vorremmo e quella che possiamo. Impariamo nuovi alfabeti e rinasciamo; incontriamo volti nuovi e rinasciamo; sbagliamo e ricominciamo; cambiamo punto di vista e ricominciamo; una catastrofe, e ci scopriamo capaci di ricominciare…
“Ti benedirò”: questo si era sentito promettere Abramo, padre dell’umanità e di umanità.
Non sarai solo. Per andare verso di te, lascia quello che già sai e già sei; prendi le distanze da quello che conosci e ti rassicura per andare alla ricerca di quello che puoi essere e ancora non sai di poter essere. Ti benedirò, io ti sarò vicino. Perché, racconta un’antica storia che forse anche Abramo sapeva, pare che Dio abbia messo al mondo gli uomini per vedere come loro si mettono al mondo, fanno mondo e mondi, dando vita a storie, quante.

Essere venuti al mondo è un regalo inatteso. Se non diventeremo capaci di riconoscer la nostra origine quale dono gratuito, non potremo mai cogliere la promessa di bene che Dio e i nostri genitori ci hanno fatto. Siamo stati cercati e desiderati: non siamo frutto del caso o di un incidente di percorso. E, anche nel caso così fosse, eccoci, siamo qui, e questo è il segno che la vita stessa ci ha desiderato e voluto. Anche ogni gesto gratuito, che fin dall’inizio abbiamo ricevuto e stiamo ancora ricevendo, è sotto il segno di una pro– messa di bene che implicitamente ci è stata fatta il giorno in cui siamo nati.

Un’inviata del telegiornale di Rai tre, il 31 dicembre 2017, girava in piazza Duomo a Milano chiedendo ai passanti una parola, una parola per il 2018. Fortuna, scelse uno che pareva non averla mai vista, la fortuna.
Non so proprio non so, disse un ragazzotto con gli occhiali neri in testa. Felicità, sbottò un uomo soprappensiero ma sicuro di quello che stava dicendo.

Salute, propose un vecchio con il debito rispetto.
Sogno, rise una ragazza.
Poi il microfono trovò un ragazzino di 10-11 anni: Crescere, dichiarò lui, chiaro, sorridente, sicuro.

Magnifica risposta. Crescere. La più bella, la più degna, la più carica e la più concreta. Crescere. È quello che succederà, lo so, ma io collaborerò, sembravano dire lo sguardo e il tono di voce del ragazzino.
Si cresce, in effetti, anche senza volerlo e senza saperlo.
Ma che bella la consapevolezza di crescere, coltivare la capacità di crescere, amare il compito e la sorpresa di crescere, scoprendo quello che si è, quello che si è in grado di essere e si vuole provare, riuscire ad essere. Nonostante il mondo intorno o grazie ad esso, grazie o nonostante l’aiuto e le cure di chi abbiamo intorno, grazie e nonostante a come gira il mondo, nonostante e grazie anche a qualche cantonata…

Il venire al mondo esprime tutta la sua carica promettente anche nel di- spiegarsi del tempo. Non solo la cura dei genitori ma anche la vicinanza di altre persone incontrate, contiene un appello, una promessa che chiede disponibilità a mettersi in movimento per fare alleanza. Non si cresce infatti da soli e nemmeno con i soli genitori. Occorre uscire da sé stessi, dal proprio guscio e giocarsi con fiducia per costruire nuove relazioni, fonda– mentali perché costitutive per il nostro vivere.

I mercati delle grandi città del vicino Oriente sono sempre stati famosi per essere il luogo di ogni cosa, di ogni incontro, di ogni scambio. Merci, oggetti, materiali e prodotti di ogni genere, parole di ogni lingua, personaggi dalle più varie provenienze e destinazioni…
Proprio nel mercato di un’antica città d’oriente è ambientata questa storia e racconta di una ragazzina e un ragazzino che, lasciati gli adulti a trattare e discutere, gironzolano tra i vari banchetti, curiosando, in cerca di qualcosa a misura delle loro tasche, piccole e vuote, e del loro desiderio, grande e intenso.

Forse sono fratello e sorella, forse cugini, forse amici, forse si sono incontrati per caso solo quel giorno lì… non fa differenza. Sono insieme e insieme si muovono nell’angolo di mondo in cui si trovano. Ad un certo punto si guardano l’un l’altra, sorpresi, come per accertarsi che quello che hanno appena visto l’hanno visto davvero, tutti e due, che non si tratta di una visione bizzarra. Ma che cosa hanno visto? Dietro un banchetto, un po’ appartato rispetto agli altri, sta in piedi un tipo sorridente, con le ali, grandi. Come il loro desiderio. Che sia un angelo?

È un angelo. E sembra aspettare proprio loro. Al banchetto non c’è neanche un cliente. Anzi, pare proprio che nessuno sia interessato al banchetto dell’angelo e alla sua merce, per altro invisibile. Che nessuno lo veda perché non c’è niente in bella mostra? Ma loro, la ragazzina e il ragazzino, hanno visto, l’hanno visto eccome, ne sono sicuri, e si affrettano verso di lui.

“Che cosa vendi?”, gli chiedono.
“Ogni bendiddio, naturalmente!”, risponde lui.
“Bendiddio? Puoi essere più preciso?”.
“Bellezza. Bontà. Generosità. Giustizia. Gentilezza. Gioia. Rispetto. Pazienza. Compassione. Solidarietà. Sapienza. Coraggio. Armonia. Leggerezza. Costanza. Passione…”
“Ci piace tutto. Sì. E quanto se ne può comperare, di questi bendiddio?”.
“Secondo i vostri desideri”, è la risposta dell’angelo.
“Sì, ma… quanto costa? Noi non abbiamo un soldo!”.
“Soldi? Qui non contano niente. Conta il desiderio”.
“E allora… allora dacci 10 sacchetti, no, 10 sacchi grandi, anzi,100 sacchi grandi, anche 1000 se puoi, con dentro un po’ di tutto!”, chiedono i ragazzini saltando di gioia.
“Subito”, fa l’angelo, e scompare sotto il banchetto.
Dopo un momento, ricompare, fa loro cenno di avvicinare una mano, aperta e, con un sorriso, depone un sacchetto, anzi un sacchettino, piccolo, piccolissimo, sul palmo della mano della ragazzina e un sacchetto, anzi un sacchettino, piccolo, piccolissimo, sul palmo della mano del ragazzino.
I due guardano prima i sacchettini e poi l’angelo, sconcertati:
“Ma come? Tutto qui? Questi sarebbero 10,100,1000 sacchi?”.
“Questi sono solo i semi.
Piantateli nel vostro cuore, fateli crescere,
e diventeranno anche di più di quanto
avete e potete desiderare!”.

Crescere insieme, fidarsi del prossimo che ci sta accanto invoca ulteriori forme di alleanza poiché la sola vicinanza fisica non è sufficiente. C’è un cammino da condividere ovvero passi da fare insieme non soltanto perché prossimi ma perché consapevoli di essere dentro una storia e un orizzonte comune. La sua forma concreta potrebbe essere la meta verso la quale si è deciso di camminare: fare della vita una storia (d’amore). Questa meta non prevede un viaggio in solitaria. È frutto di un orientamento personale e comune allo stesso tempo e che, già per il semplice fatto di camminare insieme, apre lo sguardo ad un futuro migliore anche se non ancora del tutto chiaro, un futuro da desiderare.

Una filosofa di nome Simone Weil ha detto che amare qualcuno è dargli realtà, riconoscere che è e lasciare che sia secondo il suo desiderio, il suo progetto, le sue possibilità. Vale per le persone, vale per ogni creatura, vale anche per le idee, i desideri, i progetti. Amare qualcuno, qualcosa, è dargli realtà; e dare realtà è fare in modo che il desiderio si avveri, il progetto si realizzi, sia raccontabile.

Un grande maestro di maestri, di nome Rabbi Tarfon, non si stancava di ripetere: “Non puoi sottrarti alla tua parte, ma non sta a te compiere l’opera!”. Come dire, fai quello che ti tocca, qui, adesso, non chiamarti fuori, non darti assente, non tralasciare quello che spetta a te e a te soltanto; ma non dimenticare che l’opera è più grande di te, che quello che c’è in ballo non sta interamente nelle tue mani; non pretendere di essere tu a portare a compimento un’opera che ha bisogno di tante mani, e braccia, e teste e cuori, tanti e diversi, e questo allarghi il tuo cuore alla fiducia e ti faccia far pace a volte con la tua stanchezza. Non sottrarti però a quello che puoi fare tu; resterebbe non fatto, un pezzo assente, smarrito, mancante, e la tua vita ne patirebbe.

La strada che porta al compimento dei desideri non è tutta in discesa.
C’è una drammaticità dell’esistenza che assume la forma della perseveranza e che rimane l’unica in grado di avvicinarsi al cuore della vita, che è anche mettersi alla prova. Occorre aver fiducia, dimostrarsi disponibili ad affidarsi con continuità perché è l’unico atteggiamento capace di far suo il mistero che la vita porta con sé: “Il cammino si chiarisce, compiendolo”.
Un compimento continuamente prefigurato dalle persone e dalle storie che incontriamo lungo le pagine dei racconti delle nostre vite.

Programma e iscrizioni

Programma prima settimanaProgramma seconda settimana
Programma terza settimanaProgramma quarta settimana
Iscrizione: prima parteIscrizione: seconda parte

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