La piena inclusione delle persone con sindrome di Down passa anche dallo sguardo degli altri, dai pregiudizi della società e dalle possibilità che vengono loro offerte: a questi temi è dedicata l’ edizione 2016 della Giornata Nazionale delle persone con sindrome di Down, promossa da CoorDown Onlus e in programma oggi domenica 9 ottobre.
Cos’è la sindrome di Down
La sindrome di Down è una condizione di origine genetica. Chi ne è affetto possiede una copia in più del cromosoma 21. Per questa ragione la sindrome è anche definita con il nome di «trisomia 21». Segnalata per la prima volta nel 1866 da John Langdon Down, l’evidenza che fosse il cromosoma in più a causare la malattia fu descritta nel 1959 dal genetista francese Jerome Lejeune. Secondo le statistiche nasce un bambino Down ogni 1200. Anche se non esiste un registro ufficiale diverse analisi indicano una crescente diminuzione di casi dovuti, in gran parte, al ricorso all’interruzione di gravidanza in seguito ai test di diagnosi prenatale. Da un punto di vista clinico la sindrome di Down si manifesta generalmente con un ritardo nella capacità cognitiva e nella crescita fisica e con particolari caratteristiche del viso e del corpo. Anomalie causate da un eccesso nell’espressione di quei geni presenti nel cromosoma 21.
Lo slogan di quest’anno e i suoi obiettivi
Le persone con la sindrome di Down hanno diritto a un lavoro, all’autonomia, a un progetto di vita attivo. Obiettivi senz’altro possibili, a patto però che la società sia aperta alla diversità e sia diffusa un’informazione corretta, cominciando dalle diagnosi prenatali.
Lo ribadisce CoorDown Onlus, il coordinamento nazionale delle associazioni di persone con sindrome di Down, in occasione della Giornata nazionale in programma domenica. «L’emergenza oggi – spiega il presidente Sergio Silvestre – è legata alla fase post-scolastica: in Italia molti ragazzi Down riescono a completare i cicli scolastici obbligatori, in alcuni casi anche le superiori, e abbiamo anche studenti iscritti all’università. Ma nell’inserimento lavorativo i nostri sono più penalizzati: il tasso di disoccupazione è intorno al 76%».
Lo slogan che CoorDown ha scelto per la Giornata Nazionale delle persone con sindrome di Down è “Tu come mi vedi?”. C’è uno sguardo che ingabbia negli stereotipi e uno sguardo che libera, offre possibilità, consente il dispiegarsi delle capacità. Serve cambiare sguardo, se è vero che su una popolazione in Italia di circa 25mila adulti con sindrome di Down solo il 12-13% esercita un’attività lavorativa.
«I ragazzi e gli adulti con disabilità intellettiva hanno bisogno di persone intorno a loro agili e attive nell’accogliere e sviluppare il loro mondo interiore, coscienti che spesso le apparenze sono fuorvianti. Nessuno di noi è totalmente indipendente e autosufficiente, tutti hanno limiti e capacità espressive e operative differenti: è proprio per questo che i luoghi comuni in cui vengono spesso imprigionate le persone con disabilità rappresentano un grande limite alla realizzazione del loro progetto di vita».
Conclude Silvestre: «Come gli altri ti vedono incide ancora molto sulla quotidianità. Lo sguardo degli altri non è affatto una questione retorica. Il nostro obiettivo è far volgere lo sguardo oltre gli stereotipi, costruire un nuovo immaginario collettivo e promuovere un’alfabetizzazione alla disabilità. Quello che vorrei forse è utopia: che tutte le persone sappiano riconoscere la persona che ti sta davanti per quello che è come persona. Allora non serviranno più campagne di comunicazione sociale né di leggi».
Lo spot della giornata nazionale
Sono sempre di più le storie di ragazzi che riescono a realizzare un progetto di vita autonoma, con un copione diverso da quello che i cliché avrebbero immaginato per loro.
Ecco alcune storie
Francesco (foto sotto) ha 26 anni, vive a Napoli e ama la pizza. Sta seguendo un corso professionale per imparare a farla e da tempo lavora in maniera stabile al Veritas, un ristorante gourmet con pochi coperti nel cuore della città, poco lontano da Mergellina: apparecchia i tavoli, preparare la sala, sistema la dispensa e le bottiglie di vino. Nelle serate più affollate non si tira indietro e dà una mano anche in cucina per lavare e asciugare piatti, posate e bicchieri.
Anche Andrea, Gragor, Martina, Francesco e Laura (foto sotto) lavorano nella ristorazione: assunti a tempo indeterminato al Milleluci Café di Firenze, nato dalla collaborazione fra l’Associazione Trisomia 21 e Unicoop. Seguono il banco caffetteria e la cucina, servono bibite e panini, accolgono e gestiscono i clienti in sala. E il nome del locale l’hanno scelto proprio loro, immaginando un posto pieno di luce ed energia.
Sara invece lavora all’Apple Store di piazza della Repubblica, sempre a Firenze. Andrea dopo aver frequentato un corso di formazione con l’associazione Air Down di Torino e un tirocinio durato un anno, ha firmato un contratto a tempo indeterminato con “La Granda -Hamburgeria di Eataly”.
All’Eataly di Torino lavora anche Alberto (foto sotto) contratto a tempo indeterminato, che ha in curriculum un diploma di tecnico turistico e un corso di 300 ore per addetto alle vendite.
Francesco (foto sotto) ha 21 anni e vive a Brugnera, un piccolo paese in provincia di Pordenone. È nato con una forma a mosaico di sindrome di Down. Si è diplomato la scorsa estate con il voto di 82/100 all’IPSSAR di Vittorio Veneto, sezione enogastronomia, fa ginnastica artistica acrobatica e ha appena presto la patente B.
Sono solo alcune storie raccolte da CoorDown, Ce ne sono molte altre, a cominciare dalle cinque farmacie lombarde che a novembre inseriranno con un tirocinio formativo di sei mesi alcune persone con sindrome di Down: saranno aiuto magazziniere, con compiti che vanno dal riordino dei farmaci, al controllo delle scadenze, alla organizzazione dei prodotti esposti, nell’ambito del progetto “WOW! Wonderful Work” di AGPD Onlus, Capirsi Down e Vividown. Le prime farmacie ad attivare i tirocini sono la farmacia Suzzani e la farmacia San Paolo di Milano, la farmacia Mauri di Concorezzo, la farmacia Seguro di Settimo Milanese e la farmacia San Rocco di Monza, ma altre farmacie milanesi e lombarde seguiranno.
Tutte queste storie dicono di come le persone con quel cromosoma in più che la sindrome di Down gli ha portato in dote, possono realizzare “una storia diversa” da quella che i cliché e i pregiudizi vedono. Questi ragazzi e le loro famiglie hanno fatto la loro parte, di sicuro, mettendoci energie, entusiasmo, coraggio, passione, ricominciando dopo ogni delusione e anche dopo ogni traguardo raggiunto, per spostare l’asticella sempre più in alto. Per tutti valgono le parole che Nicole Orlando – 23 anni, quattro medaglie d’oro e un argento ai Mondiali di atletica per ragazzi con sindrome di down dell’anno scorso, record del Mondo nel triathlon, star della tv in Ballando con le stelle – ha scelto per titolo del suo nuovissimo libro, “Vietato dire non ce la faccio”.
Molto hanno fatto di sicuro, insieme a loro, le associazioni che li hanno accompagnati e le aziende che hanno creduto in loro, soprattutto quei colleghi che hanno avuto la capacità di guardarli nelle loro capacità, magari diventandone amici, al di là degli obblighi di assunzione previsti dalla legge. È un po’ questo il punto, risottolineato con forza.
Serve cambiare sguardo se la storia di Elena e Spartaco (nella foto sotto), che si amano e vivono insieme, in una loro casa a Pordenone e affrontano in modo consapevole le difficoltà e le gioie della quotidianità, ci appare ancora come una storia straordinaria, dove la dimensione della bellezza va ancora di pari passo con quella dell’eccezionalità.