In due interviste, la prima del 2011 e la seconda del 2014 il cantautore Eugenio Finardi parla del rapporto con la figlia Elettra, affetta da Sindrome di Down. Ne esce un ritratto commovente che apre uno squarcio di luce su un’umanità ignorata e discriminata che nasconde una straordinaria ricchezza.
La prima rilasciata a Paolo Madeddu di Avvenire è stata pubblicata sul sito http://www.vita.it il 28/07/2011.
Elettra, la mia figlia down. Eugenio Finardi ha perso la testa per una donna. Una figlia disabile che gli ha cambiato la vita
Tra i cantautori degli anni 70 era il più battagliero, il più rock, il più imprudentemente americano – lui, figlio di un’americana. Eugenio Finardi riuscì a emergere con Musica ribelle ed Extraterrestre. Poi, negli anni 80, i colleghi degli esordi presero a rivolgersi anche alle masse, a raccogliere il successo ‘quello vero’ (De Gregori con La donna cannone, Venditti con Notte prima degli esami, Battiato con Cuccuruccucu paloma, Camerini conRock’n’roll robot.
A lei invece capitò qualcos’altro…
Nel 1982 è nata la mia primogenita, Elettra, affetta da sindrome di Down. All’epoca non si diceva così, si diceva ‘mongoloide’. L’ho amata e la amo moltissimo, ma in quel momento fu un trauma: mi sentii diverso io per primo, come se la sua malattia fosse una condanna per qualcosa che io avevo fatto. Sprofondai nella depressione. Credo non ci sia un genitore di bambino disabile che non abbia fatto i conti con una crisi personale. Cerchi un motivo per quello che è successo, e pensi che quel motivo sei tu. Poi però passa, e più che i motivi, diventa importante trovare soluzioni. Capisci che non è tutto dolore. I primi anni di Elettra mi hanno dato grandi gioie: i suoi primi passettini, il comunicare con lei… ogni cosa era eccezionale.
Così si è perso la fase ‘stellare’ della sua carriera e l’epoca dei contratti d’oro…
Ho iniziato a darmi da fare, informarmi, avvicinarmi all’associazionismo. Molti che mi accusavano di non fare più musica ‘impegnata’ non sapevano che la teoria aveva lasciato il posto a un impegno vero: un po’ dei miei fan degli anni 70 li ho persi. Ma ne ho guadagnati altri: c’è chi mi ha conosciuto proprio in quel periodo. Oggi non ho folle che urlano le mie canzoni nei concerti negli stadi, ma molta gente che le ascolta davvero.
Le difficoltà di quel periodo erano dovute anche al fatto che le realtà che iniziavo a conoscere erano difficili da cantare.
Non ha mai voluto mettere in piazza questo fatto…
Allora non c’era questo tipo di sensibilità, i giornali che mi avvicinavano per parlare di questo argomento la mettevano tutti sul piano del pietismo. Poteva sembrare che lo facessi per sfruttare la cosa, per avere successo enfatizzando un problema personale; oggi ho 58 anni, la musica mi dà molte soddisfazioni diverse dall’ansia continua della classifica, e ho elaborato tante nuove esperienze. Ho affinato la mia sensibilità in campi che non conoscevo: in breve, ho capito come posso essere utile.
Per esempio?
Suonando in giro per l’Italia mi rendo conto di come, specie al Sud, la situazione sul fronte del volontariato sia tragica. Vedo famiglie che vivono una solitudine incredibile. Così come vedo persone che, dopo qualche anno di associazionismo sincero, sentono la fatica di lottare contro i mulini a vento e si arrendono. La disabilità, il malessere, il disagio mettono in risalto le gravi mancanze, il vuoto disperante e incolmabile che si è creato nel tessuto sociale.
E lo Stato, le istituzioni?
Ah, lo Stato. Ieri ho ricevuto una mail del padre di una figlia down, una ragazza di 38 anni. Ha donato una casa nelle Marche perché diventasse una casa famiglia, dove far vivere lei e altri ragazzi Down. La casa è pronta, grazie anche agli aiuti ricevuti da alcune associazioni, e adesso servono i soldi per il mantenimento. La Regione non li dà perché ‘li dà solo in casi gravissimi’.
Insomma, senza volontariato tante realtà familiari con figli disabili sarebbero completamente perse, affidate a una burocrazia che scoraggia invece che aiutare. Per questo divento matto quando sento parlare di falsi invalidi, di truffe legate alla sanità. Chi truffa sulle pensioni di invalidità è il peggior tipo di criminale, perché toglie risorse a chi ha bisogno davvero.
Non è stato facile per me, che vivo comunque in una situazione privilegiata, figuriamoci come un operaio possa ‘permettersi’ un figlio disabile. Il primo assegno di accompagnamento, quello che dovrebbe servire quando il bimbo Down è piccolo, Elettra l’ha ottenuto a 20 anni…
Come si muove Elettra nel ‘mondo reale’?
Elettra sa mangiare al ristorante, muoversi in un albergo, in un aeroporto. Ma chi nasce in città rischia di essere usato, maltrattato. Un giorno alla Stazione Centrale degli zingari l’hanno usata per chiedere l’elemosina. E poi i Down di provincia una volta vivevano sempre in famiglia, erano come il gatto di casa, ma con una comunità intorno.
Io, anche a causa della mia vita di musicista, le ho dato stimoli diversi e ogni tanto ne abbiamo sofferto entrambi. Lei ha compreso più a fondo la sua diversità, e ha provato rabbia. Ad esempio, andava al bar, mangiava, poi diceva: «Io non pago, sono mongoloide». A volte la passava liscia, ma quando lo venivo a sapere la mettevo in castigo.
Ripenso a due canzoni degli anni 80: ‘Amore diverso’ e ‘Il vento di Elora’. Riascoltate ora, sapendo a cosa si riferivano, acquistano una profondità ancora maggiore.
La prima era per Elettra. La seconda – «Il mondo gira, gira come un pazzo / che vuoi che gliene importi / della vita di un ragazzo» – nasce perché ero andato ad Elora, in Canada, per collaborare a un progetto che coinvolgeva ragazzi di un carcere minorile messi a contatto con ragazzi portatori di grossi deficit psicofisici, Down e autistici. Molti giovani criminali dati per irrecuperabili mostravano un lato sensibile, diventavano responsabili.
Ecco perché io credo che i disabili vadano messi nelle classi con gli altri, non ghettizzati. La mia terza figlia, Francesca, studia musica all’Istituto dei Ciechi di Milano: lei non ha problemi di vista, ma frequentando i non vedenti sta vivendo un’esperienza personale enorme.
La seconda da Avvenire del 16/12/2014 un’intervista di Giuseppe Matarazzo ad Eugenio Finardi.
Finardi, «Devo tutto a mia figlia»
«Viviamo un tempo difficile. Sicuramente più duro di quando, negli anni Ottanta, è nata mia figlia Elettra e la mia famiglia ha dovuto fare i conti con i diritti di persone con disabilità. Ci sono diritti che sembravano ormai acquisiti a livello statale e sociale e che vengono invece erosi, ogni giorno, a danno dei più deboli e indifesi, da una dilagante cultura della prevaricazione, contro chi crede nel senso e nella forza della solidarietà. Per questo sono necessari uno scatto e un’attenzione in più. Per questo canto a sostegno di chi è in difficoltà, di chi conduce battaglie giuste per un mondo migliore».
Eugenio Finardi non è l’“extraterrestre”. È terrestre. È sociale. Canta l’Amore diverso per la primogenita nata con sindrome di Down e da trent’anni si spende per infinite iniziative di solidarietà. Come quella che andrà in scena venerdì a Milano, nella sede del Pime alle 21, per l’associazione Ledha che fa assistenza legale alle persone con disabilità, vittime di discriminazione a scuola, nel mondo del lavoro, nei luoghi pubblici e sta promuovendo la campagna “I diritti non si pagano… ma costano!”. Un concerto per raccogliere fondi che vedrà il cantautore milanese al fianco dell’orchestra AllegroModerato, composta da cinquanta elementi, alcuni musicisti normodotati insieme ad altri con disagio psichico, mentale e fisico.
Cosa può fare una canzone?
«Parole e musica possono sostenere un’idea, diffonderla e coinvolgere le persone. Nelson Mandela sarebbe rimasto forse per sempre in prigione se non ci fossero state canzoni-inni per la sua liberazione. La musica aiuta a superare distanze. È libera. È un’arte assoluta che collega all’Assoluto, alle leggi che reggono l’Universo. Non c’è liturgia che non abbia un canto o dei suoni».
Il suo inno è un “Nuovo umanesimo”?
«Quando nel 2012 ho pubblicato quell’album (Sessanta, ndr) contro l’idolatria del vitello d’oro e del benessere, mi hanno dato del pericoloso estremista. Quando ho sentito papa Francesco a Cagliari pronunciare quelle stesse parole ho sentito il cuore vibrare. Perché è uno stile, un modello che si diffonde. L’uomo è per sua natura buono, anche se in questo periodo storico si vorrebbe farci pensare il contrario. C’è purtroppo il fattore tempo: non possiamo più permetterci di perdere tempo per rinnovare il nostro modo di stare al mondo».
Il suo ultimo lavoro, “Fibrillante”, uscito lo scorso gennaio e con cui sta girando l’Italia, parte dalla crisi economica che viviamo, ed è proprio «un disco di lotta», come lei stesso l’ha definito…
«A un anno di distanza penso che… più che di lotta, sia un disco di testimonianza. C’è la lotta, sì. Ma poi si va oltre. C’è la voglia di modelli autentici che servono alla nostra società. Il desiderio che c’è nel brano Cadere sognare. La reazione del pubblico non è solo un applauso di approvazione, di piacere. È un’adesione piena a un manifesto, a un pensiero, a un sogno. Il titolo stesso è una diagnosi per una generazione, la mia, cercando di focalizzare l’attenzione su quello che stiamo vivendo, su come stiamo cambiando. È un disco utile, ecco».
In questi ultimi anni ha abituato il pubblico a cambiamenti e nuove esperienze. Cosa c’è nel prossimo orizzonte di Eugenio Finardi?
«L’autunno per i contadini è il periodo del ringraziamento, dopo aver raccolto in estate, le ricchezze del seminato. Da mezzo americano quale sono (la madre era una cantante ed insegnante lirica statunitense, ndr), tengo molto a questo momento. Ho raccolto tanto in questi mesi dal mio ultimo lavoro. Così in questa stagione mi dedico di più alla solidarietà, agli eventi più intimi. E da qui nascono poi nuove idee, nuovi rapporti, nuove visioni».
Venerdì si esibirà a Milano per Ledha con l’orchestra AllegroModerato per i diritti dei disabili. Qual è stata la sua personale esperienza con Elettra?
«Ricordo il primo impatto a scuola elementare, ci furono dei genitori che chiesero di far cambiare classe ai loro bambini, perché la presenza di mia figlia avrebbe potuto rallentarli. Ma chi rimase e si strinse con calore a lei, ha reso poi molto di più. Anzi, è ormai riconosciuto scientificamente il valore positivo di queste esperienze in termini umani e didattici. Oggi Elettra è cresciuta, vive la sua vita, è fidanzata, è ben inserita. È la mia più grande fan. Quando è nata pensavo di trovarmi di fronte a una tragedia. Invece è stato un evento prodigioso: se sono diventato quello che sono, come uomo e come artista, è grazie a lei».
Amore diverso, di Eugenio Finardi
Amore diverso
Io ti proteggerò
oh sì ti stringerò
e mai niente ti farà del male.
Io ti accarezzerò
e poi ti cullerò
per farti addormentare.
E ti canterò canzoni
di forti emozioni
quando fuori tuona il temporale.
E sempre ti sussurrerò
quelle dolci parole
che so ti fanno stare bene.
Sarà un amore diverso
grande come l’universo
che il tempo non potrà toccare
farò una casa di carta
su un’isola deserta
dove il vento verrà a giocare
e una finestra sempre aperta
per chi sa volare
che da noi possa arrivare
a riposare.
E ho braccia forti
e larghe spalle
per poterti meglio abbracciare.
E se fa freddo
la notte col mio corpo ti potrai scaldare.
E dopo ore e ore e ore d’amore
sul mio petto ti farò dormire
e sognerai di ballare
a tempo col mio cuore
e il sole ti verrà a svegliare.
Sarà un amore diverso
grande come l’universo
che il tempo non potrà toccare,
piccole cose da riscaldare
grandi aquiloni da far volare.
E sarà sempre un nuovo gioco
per tenere acceso il fuoco
nel lungo tempo da venire,
piccole pietre da trasportare
e da seguire per ritornare.
Io ti proteggerò
oh sì ti stringerò
e mai niente ti farà del male.
Io ti accarezzerò
e poi ti cullerò
per farti addormentare.
E dopo ore e ore e ore d’amore,
sul mio petto ti farò dormire
e sognerai di ballare
a tempo col mio cuore
e il sole ti verrà a svegliare.
Sarà un amore diverso
grande come l’universo
che il tempo non potrà toccare,
piccole cose da riscaldare,
grandi aquiloni da far volare.
E sarà sempre un nuovo gioco
per tenere acceso il fuoco
nel lungo tempo da venire,
piccole pietre da trasportare
e da seguire per ritornare.
Il vento di Elora
Il vento di Elora
è così forte questa notte
che ho quasi paura
che rovesci la roulotte
Ha spento la stufa
e fa un freddo da impazzire
ma le stelle sulla neve
sembrano così vicine
E intanto il mondo gira
il mondo gira come un pazzo
che vuoi che gliene importi
della vita di un ragazzo
e intanto il mondo gira
il mondo gira a vuoto
e vanno avanti quelli
che non si tirano indietro
Oggi è ritornato
il minibus della contea
ha caricato Ken
e se lo son portato via
È il vento di Elora
che non mi lascia dormire
o forse è solo che ho paura
chissà se anche tu mi ami ancora
E intanto il mondo gira
il mondo gira come un pazzo
che vuoi che gliene importi
della vita di un ragazzo
e intanto il mondo gira
il mondo gira a vuoto
e vanno avanti quelli
che non si voltano indietro
C’è qualcosa di storto
sulla faccia della terra
troppa gente che nasce
troppa gente che cresce
C’è qualcosa di storto
sulla faccia della terra
troppa gente che nasce
troppa gente che non riesce.