È sempre Pentecoste per noi, perché questo Ospite divino resta stabilmente nel nostro animo per rischiararlo con la fede, per sorreggerlo con la speranza, per riscaldarlo con l’amore.
Ogni volta che ognuno di noi si smarrisce in mezzo alle molte voci di scetticismo e incredulità che oggi stordiscono l’uomo, ma, vincendo ogni incertezza e superficialità, si affida consapevolmente alla verità di Dio che gli è stata annunciata, allora in lui si avvera la profezia del Salvatore, che abbiamo ascoltata: “Lo Spirito, che il Padre manderà nel mio nome vi insegnerà ogni cosa vi ricorderà ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26).
Ogni volta che ognuno di noi, assalito dalle difficoltà, dalle incomprensioni, dalle sofferenze, invece di abbattersi leva lo sguardo al Padre che lo ama e trova la forza di continuare nel suo impegno di credente, sperimenta in quel momento la stessa energia di Pentecoste che ha rianimato gli apostoli e li ha guidati fino all’eroicità del martirio.
Ogni volta che una tentazione viene respinta, che si riesce a dire no alla facile trasgressione, che non ci si lascia travolgere dalla sensualità e dall’egoismo che suggerirebbero addirittura di distruggere la propria famiglia e di derubare i figli dell’affetto concorde e collaborante dei genitori, si invera ciò che san Paolo scriveva ai fedeli di Roma: “Voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi” (Rm 8,9).
Ogni volta che un uomo riconosce davanti al suo Creatore: «Ho sbagliato», e si adopera per quel che gli è consentito di rimediare al male fatto; ogni volta che un uomo fa delle sue prevaricazioni non il pretesto per contestare la Chiesa, che è incolpevole degli sbandamenti dei suoi figli, ma l’occasione per pentirsi nella sincerità interiore e nell’umiltà, in quel momento può davvero chiamare Dio col nome di padre; come ci ha detto ancora san Paolo: “Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio” (Rm 8,14).
Quando abbiamo sentito il bisogno di pensare a Dio con amore, quando con fervore ci siamo uniti alla preghiera liturgica, quando nell’intimo della nostra coscienza abbiamo sentito che l’invisibile ci parlava e ci invitava a parlargli, è certo che eravamo sotto l’azione discreta e suadente dello Spirito Santo e sperimentavamo una nostra personale ma autentica Pentecoste.