Messaggio del vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni per l’Anno oratoriano 2020/21
Un saluto a tutti voi, carissimi sacerdoti, educatori e ragazzi dei nostri Oratori!
Veniamo da mesi davvero strani, che hanno messo a dura prova tutti, a cominciare dai più deboli e fragili sino a coinvolgere intere comunità, il tessuto sociale del nostro territorio e la vita della Chiesa diocesana. Stavamo camminando dentro calendari e appuntamenti, stavamo provando alcune nuove attenzioni… ed ecco l’imprevisto, che con prepotenza ci ha spinti come in un angolo, privandoci con rapidità fulminea di tante certezze, tanti automatismi. Sino alla chiusura delle scuole, degli oratori, dei contesti di vita. Siamo stati costretti a salutarci dai balconi, a vederci solo sul web e magari a riformulare certe nostre consuetudini attraverso uno schermo: così è successo per la scuola, per qualche spezzone di catechesi, per l’Eucaristia domenicale. Nel frattempo abbiamo condiviso l’angoscia e la speranza dei malati, abbiamo accompagnato ammutoliti e impotenti tanti fratelli, soprattutto anziani, siamo rimasti disorientati. Abbiamo avuto anche nostalgia degli abbracci, dei compagni di classe… magari della scuola stessa! E dell’Oratorio, dei tiri a pallone e delle caramelle, dei volti che di consueto ci stanno a fianco e ci vogliono bene. Poi sono giunti anche i giorni della fase 2, con i primi timidi contatti sociali, e la fase 3 che ha coinciso con l’estate e le esperienze, degli Oratori, rinnovate e calibrate dal possibile magari con collaborazioni inedite. Quanto abbiamo vissuto, straordinario per le nostre abitudini occidentali, ci ha riportato ad una solidarietà forzata con tante parti del mondo in cui incertezza e povertà, precarietà e paura sono quotidiane. Forse ci siamo resi conto delle tante parole che papa Francesco ha speso in questi anni, nel richiamarci al lavoro sull’essenziale della fede, sulla solidarietà vera con i popoli della terra, soprattutto quelli che stanno come bloccati in periferia, sulla panchina degli ultimi posti. Mentre i nostri Oratori riaprono i loro cancelli, passo passo, in base alle norme e alle opportunità, dobbiamo a tutti i costi far tesoro di quanto abbiamo vissuto, consapevoli che non l’abbiamo solo fatta franca, ma che dentro pagine anche dure c’è una parola da ascoltare, un insegnamento che spetta a noi cogliere: per essere giovani migliori, educatori migliori, famiglie e comunità migliori. Ecco allora il filo conduttore dei prossimi mesi: ad occhi aperti.
Non vi affido le solite cose di un solito anno pastorale. Quelle verranno poco a poco, man mano che riprenderemo fiducia tra di noi e con gli spazi che ci circondano… un po’ come accadrà per la scuola, per lo sport, per le opportunità di incontro e scambio che soprattutto i giovani hanno nel cuore. Semmai vi affido un invito, valido per ogni età e per ogni ruolo: tenere gli occhi aperti, allo stupore per tanti incontri che torneremo a vivere, e alla verità delle cose e delle persone. Occhi aperti su quanto succede e sul suo senso. Occhi aperti su quanto è essenziale e quanto può essere meno inseguito, meno idolatrato, meno comprato. Occhi aperti sull’umano che il Vangelo da sempre proclama amato da Dio, dentro una storia fatta di provocazioni, fatiche e appelli di vita. Consegno agli Oratori, agli educatori e ai catechisti anche un metodo: tenere gli occhi aperti e, contemporaneamente, gli orecchi ben tesi alla Parola del Signore che ascolteremo con abbondanza perché ci aiuti a far sintesi, rielaborare le esperienze, orientare i nostri passi. E’ ciò che si chiama “discernimento”: ce lo ricordava già il Sinodo dei giovani ed ora ce lo chiede con forza questo tempo. Sappiamo nella fede che le parole di Gesù non passeranno, perché sono l’annuncio di un amore tenace e fedele che supera ogni pandemia ed ogni egoismo. Sta a noi, ora, non rinviare, non perderci in particolari, ma ricompattarci attorno a lui e al suo annuncio. Con la semplicità e la vitalità accogliente dei nostri Oratori e delle future occasioni di incontro. L’anno alle porte ci vedrà ancora riflettere insieme sui nostri Oratori; rimetteremo mano al cortile dei sogni e all’aiuto reciproco perché in ogni realtà la proposta educativa non si spenga; leggeremo insieme la lezione dei mesi della pandemia e dell’estate inedita che abbiamo appena attraversato; ci aiuteremo a riprendere l’annuncio della fede testimoniandola nella fiducia e nell’amore fraterno tra di noi, con i più piccoli e gli ultimi; ci ricorderemo che l’Oratorio non è solo un posto, ma una passione educativa, un’occasione missionaria, animata dalla cura per l’altro che viene alla vita, cresce e si incontra con il Vangelo, con le scelte della vita. È ciò che ogni Oratorio, piccolo o grande, ogni sacerdote, catechista, insegnante o volontario, allenatore, genitore o nonno ci ricorda.
+ Antonio, vescovo